Storie Web venerdì, Giugno 20
Notiziario

Un altro shock. Lo scenario dell’economia, già complesso, è aggravato dall’aumento del prezzo del petrolio a causa del conflitto tra Israele e Iran. L’industria italiana ha tenuto a inizio del secondo trimestre e gli indicatori sono migliorati per i servizi. Ma i dazi sull’export e l’incertezza stanno deteriorando la fiducia, brutto segnale per consumi e investimenti. Peggiorano le attese. Positivo invece è il proseguire del taglio dei tassi nell’Eurozona.

È il quadro che emerge dalla nota Congiuntura Flash del Centro studi di Confindustria, che ha dedicato un approfondimento su dollaro e dazi: gli effetti dell’euro forte sulla moneta americana si sommano a quelle dei dazi Usa sull’export dell’Eurozona. Equivalgono di fatto ad una raddoppio dei dazi, fissato al 10%, portando la “barriera all’export totale” sopra il 20 per cento. Andamento che potrebbe allargarsi ad altre monete, che potrebbero svalutarsi allargando l’effetto negativo per il nostro export.

Analizzando i singoli fattori, il costo dell’energia quindi risale (77$ al barile, il gas 40 euro mwh). Per l’industria è a rischio la stabilizzazione: in aprile la produzione è aumentata, +1,0%, iniziando bene il secondo trimestre (+0,4% nel primo), ma i livelli restano depressi. I rischi da dazi sono alti e a maggio altri indicatori restano sfavorevoli, la fiducia recupera appena. Il credito per le famiglie è in aumento, +1,3% annuo in aprile, mentre quello per le imprese ha una variazione annua negativa (-0,8% da -1,1%). Il taglio dei tassi si è tradotto in un ribasso del costo del credito: 3,8% da 5,3% un anno prima.

Per gli investimenti l’attesa è di una frenata: dopo la sorpresa del primo trimestre, per il secondo gi indicatori sono deboli. L’incertezza è elevata, gli ordini sui beni strumentali sono negativi, le attese per nuovi ordini calano per il secondo mese.

L’export indica una brusca frenata. In aprile si è ridotto del 2,8% a causa del crollo delle vendite verso i paesi extra Ue, mentre sono aumentate quelle verso i mercati Ue. Pesa il front-loading verso gli Usa a marzo. Nell’insieme comunque i primi quattro mesi del 2025 restano in crescita (+3,2% rispetto ai quattro mesi precedenti).

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