Il cuore della riforma della giustizia prevede una separazione netta tra giudici e pubblici ministeri. Oggi tutti i magistrati seguono lo stesso percorso formativo e nei primi dieci anni di carriera possono cambiare funzione una volta, passando dal ruolo giudicante a quello requirente o viceversa. Con la riforma, questo passaggio verrebbe definitivamente bloccato: giudici e pm seguirebbero due percorsi separati e non comunicanti.
Un altro elemento centrale è la creazione di due Csm, uno per la magistratura requirente e l’altro per quella giudicante, entrambi presieduti dal Capo dello Stato. I membri dei due Csm restano in carica 4 anni. E ne fanno parte, di diritto i vertici della Cassazione. Gli altri consiglieri vengono individuati attraverso sorteggi.
La riforma introduce inoltre l’Alta Corte disciplinare, un nuovo organo composto da 15 membri che avrà il compito di decidere sulle sanzioni ai magistrati, oggi di competenza del Consiglio superiore della magistratura. I 15 membri saranno nominati in parte dal presidente della Repubblica, in parte sorteggiati da elenchi predisposti dal Parlamento e in parte scelti tra magistrati con requisiti specifici.
Per il governo questa riforma ha come obiettivo la realizzazione di un sistema giudiziario “più efficiente e trasparente” mentre secondo l’associazione nazionale magistrati si rischia di minare l’equilibrio fra poteri definito dalla Costituzione




 
									 
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