Storie Web venerdì, Marzo 21
Notiziario

Il Consiglio europeo è terminato con un giorno di anticipo: nelle conclusioni i leader dell’Ue appoggiano a grandi linee il piano di von der Leyen per il riarmo, ma restano molte divisioni su come pagarlo. La presidente del Consiglio Meloni ha ribadito che l’Italia è scettica su molti punti e ha chiesto più tempo per decidere.

Dopo una sola giornata di dibattito intenso, proseguito anche nelle ore notturne, il Consiglio europeo si è concluso. Nelle conclusioni è stato ribadito anche il sostegno all’Ucraina, che ha incontrato un ampio consenso (solo l’Ungheria, ancora una volta, si è tirata fuori). Sulle armi, invece, è arrivato un appoggio in linea di massima, ma in realtà rimane molta incertezza su come i piani di riarmo della Commissione dovrebbero essere finanziati. E anche la presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni, parlando con i giornalisti ha sottolineato tutti i punti su cui l’Italia non è d’accordo.

Il problema con il piano di riarmo europeo: dove prendere i soldi

Nelle conclusioni del Consiglio si chiede “un’accelerazione dei lavori su tutti gli aspetti”, per quanto riguarda il riarmo, “per aumentare in modo decisivo la prontezza dell’Europa in materia di difesa entro i prossimi cinque anni”. Si invita il Consiglio stesso e il Parlamento europeo a “portare avanti rapidamente i lavori sulle recenti proposte della Commissione”.

Ma – e qui arriva un passaggio critico – c’è anche la richiesta “che si continui a lavorare sulle pertinenti opzioni di finanziamento”. Insomma, sul dove prendere i soldi per pagare il riarmo bisogna continuare a lavorare. Il punto è che il piano ReArm Eu (il cui nome è stato criticato da più Paesi, e potrebbe cambiare in “Readiness 2030”) dovrebbe essere pagato in parte con prestiti dell’Unione europea ai singoli Stati e in parte con un maggiore indebitamento degli Stati stessi.

Meloni vola al Consiglio europeo di Bruxelles, cosa decideranno i leader Ue su riarmo e Ucraina

L’Ue potrebbe prestare fino a 150 miliardi di euro (è il cosiddetto “piano Safe”), mentre per il resto toccherebbe a ciascun Paese aumentare il proprio debito. Per permetterlo, verrebbero sospesi i paletti di bilancio europeo. Ma se questa è una buona notizia per gli Stati con un debito pubblico tendenzialmente basso, come la Germania o l’Olanda, non lo è per chi ha un debito pubblico già parecchio alto, come Italia e Francia. Si tratta di Paesi che, in buona sostanza, non possono permettersi di indebitarsi ancora di più.

Quali sono le alternative sul tavolo

Per questo, si discute sulle alternative. Nelle conclusioni il Consiglio “sottolinea l’importanza di mobilitare i finanziamenti privati per l’industria europea della difesa”, come chiesto anche dall’Italia. E nel dibattito rientra anche l’opzione di fare debito comune europeo, che però è nettamente osteggiata dai Paesi più ‘solidi’ dal punto di vista fiscale, come Olanda, Germania, Austria. Il problema per l’Ue è che se si varasse un piano basato principalmente sull’indebitamento dei singoli Stati, e poi quasi nessuno di questi aderisse, l’intero progetto sarebbe sostanzialmente un flop.

Il confronto continua, una soluzione decisiva in questo Consiglio non è arrivata. Potrebbe essercene un altro straordinario, a maggio, per arrivare al vertice della Nato di giugno con le idee più chiare. Nel frattempo, il presidente francese Macron ha convocato per il 27 marzo a Parigi un summit dei Paesi ‘volenterosi’ per il sostegno militare all’Ucraina.

Dovrebbe esserci anche il Regno Unito, che però ha fatto emergere qualche tensione con la Francia: Macron, infatti, starebbe spingendo per fare in modo che i fondi aggiuntivi per la difesa si possano spendere solo per acquistare armi prodotti nell’Ue. Tagliando fuori, di fatto, Londra.

Lo scetticismo di Meloni su quasi tutte le proposte di von der Leyen

“Ho detto che le risorse sembrano molte, ma poi alla fine sono virtuali, è la stima che si fa di una scelta che comunque competerà agli Stati nazionali. Il lavoro che è stato fatto carica tutto l’impegno sul bilancio degli Stati nazionali“, ha commentato Giorgia Meloni parlando ai cronisti a Bruxelles in un punto stampa.

Da parte dell’Italia, ha detto la premier, “non c’è assolutamente una chiusura” all’idea dei prestiti da parte dell’Ue – i famosi 150 miliardi di euro del piano Safe – ma si tratta di una scelta che “dovremo valutare“, i cui dettagli “sono ancora in discussione”. Anche quello sull’idea di aumentare il debito pubblico “è un dibattito che dobbiamo ancora aprire”. La scadenza per decidere dovrebbe essere a fine aprile, ma il termine è “un tantino ravvicinato. Forse dovremmo prenderci un po’ più di tempo”.

Commentando le parole di Ursula von der Leyen, che ha detto che l’Ue deve prepararsi per la guerra entro il 2030, e quelle di Vladimir Putin per cui l’Europa sarebbe diventata il “partito della guerra”, Meloni non si è schierata: “Mi permetto di consigliare un po’ di prudenza anche su queste dichiarazioni. Chiaramente noi dobbiamo fare la nostra parte di lavoro per difendere la sicurezza dei nostri cittadini. Ma la questione della sicurezza non è legata solamente al riarmo”.

Come già detto in Parlamento nei giorni scorsi, Meloni ha affermato che le risorse investite nel riarmo potranno essere utilizzate per la difesa dei confini, per la cybersicurezza, per le infrastrutture strategiche, per le materie prime, cioè per una serie di questioni che per me sono fondamentali”. In ogni caso, l’Europa e l’Italia devono “rafforzare la propria difesa“, perché “se chiedi a qualcun altro di difenderti, poi rischi anche che sia qualcun altro a decidere per te”.

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