Hanno fatto discutere gli emendamenti depositati dal Pd e ribattezzati “anti-Musk”. Il senatore Antonio Nicita, co-firmatario assieme a Lorenzo Basso, ha spiegato a Fanpage.it in cosa consistono le due proposte e perché un accordo con Starlink potrebbe essere un rischio per la sicurezza.
Hanno fatto discutere nelle ultime ore i due emendamenti depositati dal Partito democratico e ribattezzati “anti-Musk”. Nel mirino delle proposte dei dem ci sarebbe il proprietario di X e patron di Tesla e della società di telecomunicazioni satellitari Starlink.
Proprio a quest’ultima potrebbe finire assegnata la sperimentazione per la banda ultra larga via satellite intrapresa in Lombardia. E sempre dentro Palazzo Chigi si starebbe pensando di coinvolgere altri soggetti – tra cui magari SpaceX – nel progetto finanziato dal Pnrr per raggiungere con la fibra quelle aree del Paese non coperte da servizi internet ad alta velocità, che al momento rischia di non raggiungere i target Ue.
L’imprenditore d’altronde, è legato da un rapporto di amicizia a Meloni, di cui condivide anche la linea politica, come testimoniano le sue recenti uscite pubbliche in tema di migranti.
Questa foto è un promemoria: la destra di Trump, Musk e Meloni ha un piano e la forza per attuarlo
Secondo il senatore Antonio Nicita, che insieme al collega Lorenzo Basso, ha firmato i due emendamenti, l’idea che il “governo incontri un imprenditore privato e gli assegni dei fondi pubblici – dice a Fanpage.it – è inconcepibile” e pone una serie di questioni in termini di trasparenza e sicurezza.
Il primo emendamento prevede il divieto per chi controlla piattaforme online soggette al Digital Service Act (Dsa) di offrire servizi di connettività sul territorio italiano, anche satellitare. Ci spiega meglio?
L’idea è quella di applicare il principio europeo della neutralità della rete, che prevede che non ci siano da parte degli operatori di comunicazione elettroniche, cioè chi offre servizi di connettività, strade privilegiate per accedere ad alcune piattaforme o che ci sia commistione nella gestione dei dati. Quell’emendamento è pensato solo per le grandi piattaforme on-line e motori di ricerca, che sono stati identificati dalla Commissione Europea nel Dsa. L’idea è di evitare che ci sia una stessa proprietà che possa offrire sia i servizi, tipici delle piattaforme (social, dati, ricerca) e anche l’offerta di servizi di connettività.
Perché?
Perché adesso sia da un punto di vista del governo dei dati, sia dal punto di vista dell’impiego dell’intelligenza artificiale la separazione di questi mercati è sempre più difficile e questi grandi soggetti entrano anche nel mercato del telefonia. Gli operatori storici di comunicazione elettroniche non riescono a competere con questi soggetti perché questi soggetti hanno dei modelli di business basati sulla pubblicità e quindi possono in teoria anche offrire delle connessioni gratuite. Questo ha due effetti: va contro il business degli operatori di comunicazione e crea una serie di rischi rispetto alla conservazione dei dati. Questo sono temi di cui i sovranisti digitali si dovrebbero un po’ preoccupare. Non riguarda solo Musk, ma anche Amazon e tutti quei soggetti che si stanno integrando nel mondo delle comunicazioni elettroniche.
Il secondo emendamento invece esclude dall’accesso ai fondi del Pnrr assegnati già ad altri operatori tecnologie satellitari di terzi come Starlink. Perché?
Il secondo emendamento è riferito alla sperimentazione con Starlink annunciata dal governo per la Lombardia e a cui noi siamo molto contrari. Per due ragioni: in primo luogo per sul Pnrr abbiamo una missione – la missione 1.2 – programmata dal ministro Colao che ha evidenziato degli obiettivi strategici di connettività, in termini di capacità di collegamento di banda ultra larga, che sono quelli definiti dalla Commissione Europea come gli obiettivi al 2030. La Commissione ha definito le condizioni minime che gli investimenti di Pnrr dovevano realizzare entro il 2026 anche nelle aree più remote per le quali sono stati fatti sia dei bandi di gara in passato, per le famose aree bianche sia per le aree grigie, che sono stati vinti da Telecom Italia, oggi Faber Coop, e da Open Fiber. Noi oggi abbiamo delle imprese, peraltro a partecipazione pubblica, che hanno vinto queste gare.
L’Italia, però, è ancora parecchio indietro nella diffusione della banda ultra veloce…
Questi ritardi non giustificano che si possa prendere un soggetto satellitare privato come Musk, cancellare queste gare e quindi finanziare connettività con soldi pubblici. Sia perché questo viola le gare che sono state fatte, sia perché se devi selezionare un soggetto satellitare andrebbe fatto con meccanismi trasparenti di gara, visto che ci sono risorse pubbliche in ballo. Infine perché non risolve ed è lontano dagli obiettivi di connettività tecnica fissati con il Pnrr.
Non crede ci sarebbe utile il ricorso a una tecnologia come quella satellitare per raggiungere i target europei in tempo?
Secondo me no, perché quella tecnologia satellitare non permette di raggiungere quei target. Tant’è vero che oggi i clienti sono liberi di rivolgersi privatamente a questa tecnologia, ma è ben diverso da spendere delle risorse pubbliche per una tecnologia che comunque non permette di raggiungere quei target. Quello che si potrebbe fare è permettere ai soggetti vincitori delle gare di proporre delle soluzioni tecnologiche alternative o di breve periodo, ma dovrebbero essere questi soggetti, cioè quelli che hanno vinto le gare, a discutere con il governo e fare degli accordi con operatori privati che offrono delle soluzioni. Un’altra cosa è che invece il governo incontri un imprenditore privato e gli assegni dei fondi del Pnrr. Questo è inconcepibile. Inoltre ricordiamo che l’Europa ha speso, con il contributo dell’Italia, 6 miliardi e mezzo per fare un proprio sistema di connessione satellitare che si chiama Iris 2, è già partito e avrà bisogno di alcuni mesi per essere implementato. Questi sistemi nascono con lo scopo di essere complementari, cioè per offrire una rete laddove le altre reti dovessero avere dei problemi. Quella di Musk può effettivamente offrire una connessione dignitosa e soddisfacente in alcune aree, ma non è quella che dal punto di vista tecnico può richiamare gli obiettivi europei in termini di velocità di download e di banda larga siamo ancora molto lontani. Tra l’altro noi abbiamo fatto molte interrogazioni al governo, ma non ci ha mai risposto. Vorremmo che ci spiegasse che cosa intende fare, piuttosto che vedere annunci di sperimentazione con un operatore privato senza che ci siano stati dei meccanismi di trasparenza.
Quindi, alla fine, è vero o no che si tratta di due proposte “anti-Musk”? Salvini vi accusa di esservela presa con patron di Tesla “solo perché in ottimi rapporti col governo”.
No, Musk è un grande imprenditore e una persona di grande visione, per quel che riguarda la tecnologia. Di politica ci capisce molto poco, così pure di rispetto dello stato di diritto. Il secondo emendamento oggettivamente fa riferimento alla questione Starlink, ma il primo è più generale e comunque fanno parte di un pacchetto di emendamenti che riguardano tutte le piattaforme.
Insomma ne fate una questione di trasparenza e di sicurezza. Quali sono i rischi maggiori?
I rischi sono quelli proprio la destra, Meloni e lo stesso Sottosegretario Alessio Butti evidenziavano qualche anno fa, quando sono arrivati al governo. Abbiamo bisogno di un sistema di raccolta e conservazione dei dati nel territorio nazionale (cosa che si sta cercando di fare con il Pnrr), di evitare che alcuni dati vengano trattati in un modo non tracciabile e di avere separazione fra il controllo delle reti e il controllo dei contenuti, soprattutto rispetto all’applicazione dell’intelligenza artificiale. L’IA si sta sempre più spostando dal Cloud ai device. È un mondo che sta cambiando rispetto a come l’abbiamo conosciuto prima e per questo abbiamo bisogno di trasparenza e di sicurezza.