Storie Web venerdì, Marzo 14
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Tornare sulla Luna, ma questa volta per restarci, popolarla in modo stabile, costruire laboratori, sfruttarne le risorse minerarie e, soprattutto, far partire un’economia privata che si autosostenti. Da lì poi partire per il secondo, e per molti versi vero, obiettivo: Marte.È il programma Artemis di Nasa, sottoscritto da una cinquantina di Paesi e Agenzie spaziali, fra cui la nostra.Il recente doppio fallimento del razzo vettore Starship, di SpaceX, fondamentale per tutto il programma, mette però al momento in ombra gli ottimi risultati di altre parti del progetto, in cui è brillantemente coinvolta l’Italia.

I flop di SpaceX

Nei giorni scorsi SpaceX ha tentato per l’ottava volta un volo di prova del gigantesco Starship, il più grande e potente razzo vettore mai costruito, fondamentale per il programma Artemis, ma è andata male, molto male, come nel tentativo precedente del 16 gennaio scorso.Il primo stadio è tornato alla base come previsto anche questa volta, ma il secondo stadio, che poi è la navicella che deve scendere sulla Luna, ha avuto gli stessi problemi con i motori sperimentati nel volo precedente, si è avvitato su sé stesso fino a esplodere, generando di nuovo una pericolosa pioggia di detriti caduti fra Florida e Caraibi.Questi due fallimenti in serie rappresentano un passo indietro per due motivi: il primo è che i guasti letali si sono manifestati grosso modo nella stessa fase del volo, quindi la correzione del difetto riscontrato la volta precedente non è proprio riuscita, e secondo che, di fatto, il tutto ha funzionato peggio che nei primi voli: nel quinto volo, per esempio, la navicella era entrata in orbita. La data per l’allunaggio dei primi astronauti con il volo Artemis III, fra cui la prima donna a calcare il suolo lunare, già spostata al 2027, si sta chiaramente allontanando.È da considerare poi che sono previsti decine e decine di lanci di Starship a partire dal 2030, per portare materiali e persone, e che una parte della procedura, rifornire in orbita la navetta con ossigeno e metano, è tutta da sperimentare.In una recentissima, 26 febbraio, audizione alla Camera Usa, Daniel Dumbacher ha sollevato parecchi dubbi sul fatto che il programma sia troppo complicato ed espresso il parere che Nasa dovrebbe pensare a una navetta più semplice e a un numero “drasticamente” minore di voli. Non è cosa da poco, si rischia di dover rivedere tutto il piano di ritorno alla Luna, ma Dan Dumbacher è molto ascoltato negli ambienti americani, Nasa in testa, professore alla Purdue University, una delle dieci migliori degli Usa, e direttore esecutivo dell’American Institute of Aeronautics and Astronautics, (Aiaa).

La corsa cinese verso il 2030

Opinione che conta quindi.Non è chiaro a oggi quali saranno le decisioni di Nasa, ma certo l’Agenzia Usa sente il fiato sul collo della Cina che, senza tanto clamore, è invece in schedula col suo piano da 66 miliardi di dollari per popolare il Polo Sud lunare, stessa zona appetita dall’Occidente, nel 2030. Il Paese del Dragone ha già mostrato cosa sa fare arrivando sulla superfice lunare, anche dalla parte a noi nascosta, l’unica potenza spaziale ad averlo fatto, e riportando a casa dei campioni di suolo. Ha altre due missioni simili in programma – Chang’e dal nome della divinità lunare della mitologia cinese- sempre più complesse che porteranno strumenti e mezzi autonomi. Presentate anche le speciali tute che indosseranno i taikonauti, gli astronauti cinesi, nella prima uscita sulla Luna, nel 2029, ottantesimo anniversario della Rivoluzione. La capsula per arrivare con i taikonauti in orbita attorno alla Luna e il successivo mezzo per scendere e poi ripartire sono in avanzato sviluppo. La differenza con Artemis è che la permanenza sulla Luna sarà puramente dimostrativa per gli umani, 6-8 ore, poi la parola passerà a una miriade di robot negli anni successivi. Alla base del progetto cinese c’è il potente razzo Lunga Marcia 10, molto simile come impostazione proprio a Starship, con un primo potente stadio riutilizzabile e un secondo che conterrà i mezzi lunari il cui primo volo per la Luna è previsto nel 2027.

L’Italia resta protagonista

Tornando ad Artemis, l’Italia continua comunque nel migliore dei modi il programma lunare. Pochi giorni fa è stato depositato sul nostro satellite naturale dalla sonda Blue Ghost, l’unica missione privata che finora sia riuscita ad allunare in modo perfetto il modulo LuGRE. Si tratta di un esperimento supportato da Asi e Nasa, un ricevitore per segnali Gnss, che provengono dai satelliti di geoposizionamento attorno alla Terra: ha dimostrato che questi segnali possono essere captati e utilizzati fin sulla Luna. Un successo meritato per la veneta Qascom, che ha realizzato il tutto con il supporto scientifico del Politecnico di Torino.Thales Alenia Space, forte della lunga esperienza sviluppata nella costruzione di varie parti della Stazione spaziale internazionale (Iss), ha già realizzato per Artemis una struttura multiuso che sarà il primo avamposto permanente sulla Luna, una specie di rifugio super tecnologico di quattro metri circa di lunghezza, perfettamente abitabile al riparo da radiazioni pericolose e accessoriato per gli astronauti che lavoreranno sulla superficie in turni. Un manufatto di altissima tecnologia ma non certo l’unico: è poi in partenza dagli stabilimenti di Torino la struttura primaria del modulo Halo, Habitation And Logistics Outpost, parte fondamentale di quella che sarà la stazione spaziale orbitante attorno alla Luna: Gateway. Halo, che ora verrà completato negli Usa, sarà la cabina iniziale per gli astronauti in visita alla stazione lunare Gateway.

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