Storie Web venerdì, Dicembre 27
Notiziario

Dal nostro corrispondente

NEW DELHI – Con un voltafaccia clamoroso, a meno di 36 ore dal voto per l’impeachment del presidente sudcoreano Yoon Suk Yeol, il leader del suo stesso partito ha dichiarato di essere giunto alla conclusione che «per proteggere la Repubblica di Corea e la sua popolazione è necessaria l’immediata sospensione» di Yoon «dai suoi incarichi ufficiali». Durante una riunione del suo partito, il People Power Party (Ppp) sotto le cui insegne nel 2022 lo stesso Yoon è salito alla presidenza del Paese, Han Dong-hun ha sostenuto che il presidente va rimosso perché ci sarebbe «un rischio significativo di gesti estremi, come un nuovo tentativo di imporre la legge marziale, che potrebbero potenzialmente mettere in grave pericolo la Repubblica di Corea e i suoi cittadini».

L’annuncio ha sbalordito tutti gli osservatori perché meno di 48 ore fa, lo stesso Han aveva creato un caso, annunciando che il suo partito avrebbe votato contro l’impeachment del presidente, nonostante la condanna unanime del suo tentativo di imporre la legge marziale «per scongiurare il caos». Lo stesso Han, nella drammatica notte tra martedì e mercoledì aveva definito «sbagliata» la decisione del presidente annunciando che sarebbe stato «al fianco della popolazione». Se il partito guidato da Han avesso votato compatto contro la messa in stato d’accusa di Yoon, il presidente si sarebbe salvato, perché le opposizioni non controllano i due terzi del Parlamento necessari a mandare a processo il presidente.

Ora, a meno di nuovi colpi di scena, il cambio di linea del People Power Party dovrebbe segnare la fine definitiva della carriera politica di Yoon, un leader che era in profonda crisi di popolarità anche prima della folle notte durante cui ha tentato di sospendere la democrazia e ricacciare il Paese indietro di oltre 40 anni. Per giustificare la decisione di abbandonare al suo destino il presidente (nonché suo compagno di partito), Han ha spiegato di aver ricevuto dei rapporti di intelligence secondo cui, nelle sei ore scarse in cui è stata in vigore la legge marziale, Yoon avrebbe incaricato il comandante del controspionaggio di arrestare e incarcerare alcuni non meglio specificati politici di spicco con l’accusa di essere impegnati in attività «contro lo Stato».

Stabilire con certezza la veridicità di quanto affermato da Han è impossibile. Certo è che con Yoon alla presidenza, le istituzioni avrebbero dovuto affrontare una fase di forti tensioni politiche a livello domestico, visto che nelle strade di Seul vanno avanti da giorni le manifestazioni che chiedono la rimozione del presidente. Non solo, la Corea del Sud sarebbe stato un Paese molto più isolato di prima a livello internazionale. Gli Stati Uniti – che sono di fatto i garanti della sicurezza nazionale con 28.500 soldati dispiegati sul territorio – nei giorni scorsi non hanno fatto nulla per nascondere la propria irritazione nello aver scoperto della proclamazione della legge marziale a cose fatte.

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