Storie Web sabato, Novembre 23
Notiziario

Basta con i teatrini e mettiamoci al lavoro”: è il forte e vibrante appello lanciato dal capo dell’Onu per i cambiamenti climatici, Simon Stiell, mentre a Baku, in Azerbaigian, sono ripresi i colloqui dopo la pausa domenicale della Cop29. Il tono duro e diretto con cui Stiell si è rivolto ai delegati negoziatori fa riferimento all’ostruzionismo, al bluff e alle strategie che solitamente bloccano i lavori, in particolare in questa edizione, in cui finora i risultati sono stati quasi pari a zero.

Il nodo centrale, come sempre, riguarda l’obiettivo di trovare un terreno comune sui finanziamenti per l’adattamento ai cambiamenti climatici, in particolare per i Paesi in via di sviluppo, più poveri, meno responsabili delle emissioni di gas serra ma maggiormente colpiti dalle conseguenze.

A una settimana dall’avvio dei lavori e a pochi giorni dalla loro conclusione, venerdì 22, sale quindi la pressione sui ministri in arrivo oggi nella capitale azera per siglare un accordo decisivo a strettissimo giro. La speranza di uno sblocco viene riposta nei leader del G20, riuniti oggi e domani a Rio de Janeiro.

“Questo incontro arriva in un momento critico: siamo a metà della Cop29 e iniziano le vere difficoltà” ha avvertito il presidente della conferenza, Mukhtar Babaev. Questo ex dirigente della compagnia petrolifera nazionale Socar, ministro dell’Ecologia, non ha potere decisionale ma il suo ruolo è quello di guidare i negoziati tra i Paesi.

A sette fusi orari da Baku, i leader del G20 si incontrano oggi e domani a Rio, e le comunicazioni tra le due città raramente sono state così intense. Al suo arrivo in Brasile, ieri, il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha invitato i leader a dare l’esempio e a trovare “compromessi” per salvare la Cop29. Per mesi Guterres e Stiell hanno preso di mira soprattutto il G20, che rifiuta la responsabilità delle emissioni di tre quarti dei gas serra.

L’obiettivo della Cop29 è quello di fissare le basi dell’Onu su come finanziare circa 1.000 miliardi di dollari all’anno in aiuti climatici per i Paesi in via di sviluppo. Questo denaro permetterebbe di costruire centrali solari, investire nell’irrigazione o proteggere le città dalle inondazioni. “È facile rimanere un po’ storditi da tutti questi numeri, soprattutto in questa Cop più finanziaria” ha ammesso Stiell, evidenziando che “non dimentichiamolo mai: questi numeri fanno la differenza tra la sicurezza o i disastri che rovinano la vita di miliardi di persone”.

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