Il negoziato per il rinnovo del contratto di lavoro della chimica e farmaceutica comincerà domani, mercoledì, con la presentazione a Federchimica e Farmindustria della piattaforma sindacale, varata ieri in tarda serata da Filctem, Femca e Uiltec. Pur essendoci stati diversi emendamenti, richiesti soprattutto dai territori, la struttura dell’ipotesi è rimasta immutata.
La parte centrale è senz’altro la richiesta economica di 305 euro complessivi per il trienno che va da luglio 2025 a giugno del 2028. Il contratto, che riguarda oltre 180mila addetti, scadrà il 30 giugno ma le parti sono al lavoro da tempo, secondo il consueto metodo del cantiere sempre aperto delle relazioni industriali, per monitorare l’evoluzione del settore tanto sul fronte economico e produttivo che su quello del lavoro in senso stretto, quindi formazione, salute e sicurezza, digitalizzazione, occupazione.
Sul fronte produttivo gli ultimi mesi non possono dirsi tra i più brillanti. Prendendo i dati di Federchimica, il settore arriva da un triennio di contrazione della produzione, con un calo del 4,1% nel 2022 e del 6,7% nel 2023. Nel 2024 c’è stata una sostanziale stabilizzazione (+0,5%), mentre per il 2025 si intravede una timida ripresa, con una crescita dell’1,2% che, però, è subordinata al contesto denso di incognite e di intense pressioni competitive, soprattutto per via delle materie prime e dei costi dell’energia. Pur in mezzo a molte sfide, tutta la filiera chimica e farmaceutica restano un pilastro irrinunciabile per garantire il supporto dell’industria italiana ed europea.
Nonostante il contesto produttivo, da parte delle imprese c’è stata una forte disponibilità ad andare incontro ai lavoratori nella fase di picco inflattivo, sottolineata dagli stessi sindacati che riconoscono l’importanza dell’accordo per la modifica della corresponsione delle tranche dell’ultimo rinnovo, anticipandole di 6 mesi.
Il calcolo di Filctem, Femca e Uiltec porta a una richiesta di aumento di 305 euro al livello D1. Un calcolo che tiene conto del previsionale, ossia dell’Ipca del prossimo triennio che viene stimato intorno al 6%, sulla base dei dati Istat, ma anche dei costi delle richieste e delle necessità di recuperare il delta inflattivo dello scorso triennio, in cui l’Ipca è stato oltre il doppio di quello del prossimo triennio. Pur nel contesto produttivo attuale, piuttosto debole e incerto, l’unico punto della piattaforma su cui non ci sono stati emendamenti è stata proprio la richiesta complessiva di 305 euro.