È stato presentato a Napoli, nella sede dell’Unione Industriali il nuovo Accordo quadriennale tra Confindustria e Intesa Sanpaolo per la crescita delle imprese italiane annunciato lo scorso gennaio dal presidente di Confindustria Emanuele Orsini, e da Carlo Messina, consigliere delegato e ceo di Intesa Sanpaolo. Del programma nazionale congiunto di Confindustria e Intesa Sanpaolo, che mette a disposizione 200 miliardi di euro fino al 2028, 40 miliardi sono per le aziende del Mezzogiorno, per rilanciare lo sviluppo del sistema produttivo e cogliere le opportunità di Transizione 5.0 e Ai, integrando così le risorse già stanziate dalla Banca per la realizzazione degli obiettivi del Pnrr.
«Questo accordo importante che si rinnova di fatto, abbiamo 40 miliardi complessivamente per il Mezzogiorno rispetto ai 200 complessivi nazionali su cui la Campania rappresenta comunque una percentuale significativa, circa un terzo e questo è nella linea di continuare a governare, chiaramente insieme alle imprese in questo caso con Confindustria, quelle che sono le opportunità che si presentano sul mercato», ha affermato Stefano Barrese, Responsabile Divisione Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo. «Sicuramente l’internazionalizzazione è una di queste, la più importante. Abbiamo visto come durante questi anni, dove la crescita interna ha fatto più fatica, in particolare se pensiamo ai consumi, quanto questo sia stato importante per la crescita del Paese», ha aggiunto Barrese, sottolineando che «continua ad esserlo: ci sono geografie che continuano a correre molto più che l’Europa, ancorché i segnali iniziano a essere positivi anche all’interno del nostro continente, per cui l’obiettivo che abbiamo è naturalmente di accompagnarle nei loro percorsi di crescita attraverso gli investimenti ma anche accompagnandole nelle geografie dove riteniamo ci sia maggiore crescita. Sicuramente tra queste gli Stati Uniti continuano a essere una delle geografie più interessanti, sono diventate in generale per il nostro paese il secondo corridoio di esportazione, non lo erano diversi anni fa, il Medio Oriente poi rimane chiaramente molto interessante e il Far East».
«Salari Italia? Serve grande piano di investimenti»
Un grande piano di investimenti «che possa dare una possibilità alle imprese, perché se le imprese guadagnano di più, possono distribuire più». Ad evidenziarne la necessità è il presidente di Confindustria, a margine della presentazione all’Unione Industriali di Napoli. Sollecitato sui risultati dell’ultimo rapporto mondiale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo) reso noto lunedì 24 marzoi, e che ha evidenziato come in Italia i salari reali siano ancora inferiori di 8,7 punti percentuali rispetto ai livelli del 2008, Orsini ha osservato: «È ovvio che non possiamo fare la media del pollo, nel senso che noi rappresentiamo 5,5 milioni di persone. Ovvio che si può fare molto meglio, noi su 21 milioni di lavoratori in Italia ne rappresentiamo 5,5. Noi diciamo che siamo più virtuosi, si può fare meglio, siamo cresciuti negli ultimi 20 anni il 20%, come è cresciuta la Spagna e la Germania. Il vero tema è che la produttività è cresciuta per la Spagna e per la Germania del 40%. Quindi noi oggi abbiamo bisogno di mettere al centro la produttività e costruire anche un contratto insieme ai sindacati in cui si parli di produttività, che non vuol dire fare andare le persone a doppia velocità ma vuol dire che noi dobbiamo fare i compiti a casa, e fare i compiti a casa vuol dire investire, cosa che le nostre imprese stanno facendo e devono fare di più, e avere anche un sistema Paese che aiuti le imprese. Penso alla logistica – ha concluso Orsini – noi oggi siamo su 27 al 19° posto per logistica, quindi serve un grande piano di investimenti. Questo è il nostro pensiero».
«Non sono contro elettrico ma non si cambia tecnologia con una norma»
«Non sono contro l’auto elettrica» ma «non si cambia una tecnologia per normativa». Così il presidente di Confindustria rispondendo ad una domanda sull’automotive e lo stop ai motori endotermici dal 2035. «L’obiettivo – ha detto Orsini – è quello di emettere meno, ma ricordo che l’Europa» sulle emissioni «è tra i migliori al mondo, 7% di emissione a fronte di un Pil mondiale del 15%. Oggi salta il patto di Parigi per gli Stati Uniti, poi c’è l’India che comunque la responsabilità sociale che noi abbiamo non ce l’ha, la Cina che ci fa le auto elettriche ha aperto l’anno scorso 100 centrali a carbone. Noi non abbiamo il litio, non abbiamo le terre rare, ma possiamo sviluppare quello che sappiamo fare come far andare il motore con il biodiesel, il biofuel purché si emetta pari, non sto dicendo che dobbiamo emettere di più».
«Polizze catastrofali? Se è tassa ci metteremo di traverso»
«Domani (mercoledì 26 marzo, ndr) – ha detto il presidente di Confindustria – incontreremo il ministro Urso e la domanda che gli faremo sarà: il gettito generato dalla situazione catastrofale, si prevede dai 2 ai 3 miliardi, viene utilizzato per mediare il costo dell’assicurazione? Perché non vorrei che fosse un’ulteriore tassa inserita sulle nostre imprese in un momento in cui abbiamo già problemi di competitività e di costi dell’energia». «Inoltre – ha aggiunto il numero uno degli industriali – quando parliamo di rischio, chi valuta il rischio e quanto viene valutato? Quindi facciamo cose fatte bene e ordinate, prendiamoci il tempo per studiare bene l’assicurazione catastrofale perché se sarà un’ulteriore tassa alle imprese noi ci metteremo di traverso in tutto e per tutto».