I capi di imputazione con cui la Procura di Milano contesta a Daniela Santanchè e ai suoi coimputati, le false comunicazioni sociali per il caso Visibilia e alla società le carenze nel modello organizzativo, vanno riscritti.
In base alla nuova giurisprudenza il Tribunale di Milano, alla prima udienza di oggi a carico della ministra e altre 16 persone, ha chiesto ai pm milanesi di riformulare le imputazioni relative al falso in bilancio, suddividendo le singole annualità e posizioni (chi ha fatto cosa) e di indicare quale sia stato il deficit organizzativo di Visibilia srl in liquidazione.
Tribunale: “Il capo d’imputazione va reso più chiaro”
Il collegio della seconda sezione penale del Tribunale, nel chiedere alla Procura di riformulare le incolpazioni, si è richiamata a una sentenza della Suprema Corte dell’anno scorso, in cui in caso di “genericità” o “indeterminatezza” del capo di imputazione è opportuno sollecitare il pubblico ministero, a cui vengono restituiti gli atti, ad effettuare integrazioni o precisazioni.
E questo per una ragione di economia processuale, ossia per evitare una dichiarazione di nullità e il regresso del procedimento alla fase della chiusura delle indagini.
In aula infatti, il presidente Cernuto, nel porre il problema, ha spiegato che il capo di imputazione non è che non sia comprensibile (quindi non è lesivo del diritto di difesa) ma va reso “più chiaro. Sarà più noioso da leggere – ha detto – ma va riorganizzato” specificando le accuse anno per anno e a chi si riferiscono.
E poi ha invitato a indicare quale sia precisamente la colpa di organizzazione, ovvero quali siano le carenze contestate in merito all’adozione dei modelli organizzativi da parte di Visibila in liquidazione.
A ciò si aggiunge la richiesta di produrre i bilanci che sarebbero stati falsificati e di inserirli tra gli atti del dibattimento.
Si ritorna in aula il prossimo 13 maggio.