Negli ultimi dieci anni la Cantina Valle Isarco ha fatto registrare tassi di crescita media tra il 6 e 8%, anche grazie alla spinta del Kerner, bianco tipico dell’Alto Adige che sta uscendo sempre di più dalla nicchia e ha fatto segnare un balzo del 150% dal 2014 a oggi. E se si guarda al solo Kerner – che rappresenta circa un quarto dei volumi della cooperativa, i cui 150 ettari di vigneti di montagna coltivati da 135 soci producono al 95% vini bianchi – anche l’ultimo anno è in crescita. Tuttavia Kellerei Eisacktal (il nome della cantina in tedesco) non è immune alla crisi e le stime di chiusura dell’esercizio sono di un calo del 2%, per un giro d’affari alla produzione di circa 7,6 milioni.
Consolidamento fisiologico
«È un risultato che va letto guardando ai livelli record che abbiamo raggiunto gli scorsi anni – precisa il direttore generale Armin Gratl –. Nel 2014 vendevamo 80mila bottiglie di Kerner classico e 15mila bottiglie di Kerner Aristos (il nome della linea superiore che caratterizza anche altri vini, ndr). Nel 2024 il Classico ha raggiunto 200mila bottiglie (+150%) e l’Aristos 45mila bottiglie (+200%). Il trend di crescita del Kerner non riguarda solo noi, ma crediamo come nessun altro in questa varietà, tanto da aver fatto anche nuovi impianti a Kerner negli ultimi anni. Ora però non è il momento di allargare le vigne, ma di consolidare i risultati ottenuti e aumentare i margini sulle bottiglie più che il loro numero, anche se lo spazio per crescere anche in quantità non manca e dalle attuali 950mila vogliamo andare decisamente sopra il milione di bottiglie».
Ma i listini, almeno per ora, non si toccano. Come non saranno i nuovi vini di alta gamma, come la cuvée Adamantis o il Granit360, affinato nel granito, a incidere sostanzialmente (almeno in modo diretto) sul bilancio. Quello che dovrà cambiare, secondo la strategia di Gratl, è la composizione dell’offerta: se ora il la linea classica rappresenta l’85% e la Aristos il 15, in 3-5 anni quest’ultima dovrà arrivare a coprire tra il 25 e il 30% della gamma.
Crescita all’estero? C’è ancora tanta Italia da conquistare
Altre strade di crescita? «Sull’export abbiamo iniziato a lavorare bene solo negli ultimi anni e ci vuole tempo per vedere i risultati. Ora copre una quota del 15%, di cui la metà negli Usa dove i dazi certo non ci aiuteranno. L’obiettivo – dice Gratl – è arrivare nei prossimi anni al 20-25%».
Ma molto terreno da conquistare c’è anche in Italia: «Il rallentamento è arrivato dall’Alto Adige, dove resta ancora oltre la metà della produzione, in altre parti d’Italia dove eravamo assenti o poco presenti invece siamo cresciuti e c’è ancora spazio per affermarsi. Ma è un lavoro lungo e non facile: il calo dei consumi è in atto da tempo, negli ultimi anni è solo più evidente. Ovviamente questo non vuol dire che scompaiono i consumatori e quindi noi possiamo ancora conquistare spazi, ma certo non si può più pensare solo in termini di quantità», ragiona Gratl.