La questione si è posta sin dall’inizio: l’accordo siglato nel 2022 dalla Regione Calabria con Cuba per l’arrivo di 497 medici dall’isola caraibica, a supporto della sanità calabrese, era apparso subito una giusta intuizione, ma aveva sollevato alcuni dubbi, in particolare rispetto all’effettivo trattamento economico dei professionisti. Oggi, le prime defezioni dei camici bianchi arrivati da l’Avana – chi verso cliniche private, chi verso altri paesi, oppure dopo le ferie, finiti proprio fuori dai radar – pongono il problema in altri termini, con ricadute sul fragile sistema sanitario della Calabria.
Da Vibo alle strutture del cosentino, la fuga dei medici cubani
L’ultima fuoriuscita riguarda lo Jazzolino di Vibo Valentia, ospedale da cui un ortopedico inviato da Cuba, a scadenza del contratto, invece del rinnovo nel pubblico ha scelto il privato: un’assunzione a Villa dei Gerani, struttura accreditata con il servizio sanitario regionale. Il commissario della Asp Vittorio Piscitelli, ex prefetto di Reggio Calabria, che guida la terna commissariale, nominata un anno fa dopo lo scioglimento dell’ente per infiltrazioni mafiose, si dice interdetto: «Sul caso attendo a breve il parere della prefettura e della questura – dichiara Piscitelli, affiancato nell’attività dal dirigente Gianluca Orlando, esperto di contabilità e gestione finanziaria, e da Gandolfo Miserendino, direttore generale di Azienda Zero -. Non sono un esperto in materia di permessi di soggiorno ma devo capire se è tutto in regola. Quanto al ruolo della brigata cubana, la sua utilità è fuori discussione, anche in vista dell’ampliamento programmato della nostra struttura con fondi del Pnrr».
Dallo stesso ospedale qualche mese fa se n’è andato un altro cubano, diretto in Spagna: «Lo avrebbe dovuto raggiungere la sua fidanzata – aggiunge il commissario della Asp di Vibo – pure lei medico arruolato per la Calabria, ma da quello che so è stata fermata in aeroporto». Risultano “dispersi” altri camici bianchi arrivati da Cuba in servizio presso alcune strutture sanitarie della provincia di Cosenza.
Il caso finisce in Parlamento
Il caso è finito in Parlamento, con l’interrogazione della deputata di M5S Anna Laura Orrico che ha invitato il governatore Roberto Occhiuto «a farsi garante dell’attività lavorativa dei medici cubani chiamati ad operare in Calabria». Ma ad accendere i riflettori sulle condizioni dei medici in trasferta da Cuba è stata soprattutto una recente inchiesta giornalistica condotta da Cubanet.org, testata cubana indipendente: riferisce di compensi minimi, trattenute su straordinari e tredicesime, spostamenti e attività social monitorate, anzi controllate.
Occhiuto, i medici schiavi e sottopagati? Cavolate
Il presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto, anche in veste di Commissario della sanità, dà tutt’altra lettura dei fatti: «In questi anni, da quando i medici cubani sono con noi in Calabria, ciclicamente qualcuno lancia accuse infamanti, sostenendo che i camici bianchi caraibici sono schiavi, che sono controllati dal regime, che i loro familiari a Cuba sono sorvegliati speciali, e altre cavolate di questo tipo. Le singole vicende di queste ultime settimane, invece, dimostrano esattamente il contrario. I medici cubani in Calabria – continua Occhiuto – sono liberissimi, perfettamente integrati nelle comunità nelle quali lavorano, qualcuno si è anche sposato. I pazienti calabresi apprezzano la loro professionalità. Chi attacca questo modello si metta d’accordo con se stesso. Delle due l’una, o i medici cubani sono schiavi o possono fare ciò che vogliono. E anche rispetto al compenso, ricevono circa 4.700 euro lordi al mese su un conto corrente italiano, così come i loro colleghi calabresi, e hanno anche, come incentivo, l’alloggio messo a disposizione dalla Regione”.