Storie Web giovedì, Luglio 24
Notiziario

Il gruppo britannico della moda Burberry ha comunicato ai sindacati di voler procedere con 39 licenziamenti su un totale di 330 dipendenti della sede italiana. Nelle scorse settimane la casa di moda aveva annunciato un taglio del 20% della forza lavoro a livello globale che coinvolgerà diverse centinaia di lavoratori. La declinazione italiana del piano sarà meno aggressiva ma porterà comunque a una razionalizzazione in cui è previsto anche che non vengano rinnovati i contratti di lavoro a tempo determinato.

La procedura di licenziamento collettivo, la seconda dopo quella del 2022, è stata aperta nei giorni scorsi e, secondo quanto si legge in una nota sindacale, l’azienda ha spiegato di dover procedere a una riorganizzazione interna, per migliorare i margini di efficienza e contrastare la crisi del lusso che sta rallentando le vendite in tutto il circuito moda. Proprio ieri al Mimit sono state annunciate una serie di misure tra cui il nuovo credito d’imposta da 250 milioni per il vero made in Italy nel settore moda. Le parti sociali hanno chiesto interventi di medio-lungo periodo e non solo emergenziali per dare certezze al settore che sta attraversando una fase critica.

Per Filcams, Fisascat e Uiltucs, però, la difficoltà del settore «non può essere una scusa per diminuire solamente gli organici. Burberry sceglie di licenziare a causa di scelte di business non corrette, investimenti eccessivi e risultati economici inferiori alle aspettative, proponendo la chiusura dei rapporti di lavoro con incentivi anche inferiori a quanto successo nel 2022, data dell’ultima procedura di licenziamento collettivo aperta. Questa ennesima crisi dimostra la fragilità di modelli economici che caratterizzano molte multinazionali: quando i profitti crescono, si capitalizza senza redistribuire; quando il mercato rallenta, si scaricano i costi sulle lavoratrici e sui lavoratori».

Filcams, Fisascat e Uiltucs hanno chiesto all’azienda di valutare soluzioni alternative e di esplorare l’uso degli ammortizzatori sociali, un piano chiaro di sostenibilità per i punti vendita e le attività di sede, la possibilità di riduzioni volontarie dell’orario di lavoro (part-time) e forme di sostegno economico per chi opta volontariamente per la non opposizione al licenziamento. Intanto i sindacati hanno deciso l’avvio dello stato di agitazione.

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