Il nuovo sito produttivo di fibre per ossigenatori cardiopolmonari inaugurato ieri a Mirandola segna una tappa decisiva nella strategia industriale di LivaNova per rafforzare l’integrazione tecnologica del polo biomedicale emiliano. La multinazionale angloamericana – 700 milioni di dollari di fatturato nel 2024, 1.200 dipendenti nel distretto modenese sui 3mila globali – ha avviato la produzione in-house di un componente strategico per le macchine cuore-polmone finora importato dagli Stati Uniti. «Ci sono solo cinque produttori al mondo di questa fibra, è un prodotto estremamente complesso. Dopo cinque anni di sviluppo interno e tre di cantieri, ora siamo in grado di internalizzare anche questa produzione critica. E Mirandola è l’unico sito in Europa a disporre di questo know-how», spiega Franco Poletti, presidente della Cardiopulmonary Business Unit di LivaNova.
La nuova struttura, battezzata Griffon (Grow innov
ation for fiber on site), è stata autorizzata a operare dallo scorso aprile e occupa 1.630 mq nel campus di LivaNova a Mirandola, con una camera bianca da 450 mq certificata ISO 14644-1 e venti postazioni di lavoro. È il primo tassello del piano industriale strategico al 2030 focalizzato su innovazione, capacità produttiva e integrazione della filiera che porterà a un aumento della capacità produttiva stimato tra il 30% e il 35% nel giro di due anni.
Dodici le persone già state assunte per l’avvio dell’impianto di fibre e ulteriori ingressi sono previsti entro l’estate, anche grazie all’assorbimento di 30 addetti provenienti dalla vicina Mozarc Medical, che ha cessato le attività nel settore acuto. LivaNova, ha preso anche in affitto i 1600 mq di camera bianca Mozarc per sei anni (rinnovabili), dove trasferirà temporaneamente alcune linee, in attesa sia pronto – entro l’estate 2026 – un altro investimento presentato ieri: una nuova unità produttiva interna per dispositivi monouso cardiopolmonari. In parallelo è in costruzione una seconda struttura da 2mila mq, adiacente al campus, che sarà operativa tra fine 2026 e inizio 2027. «Per ora si vede solo lo scheletro – precisa Poletti – ma sarà il luogo dove prenderanno forma i nuovi prodotti che stiamo sviluppando con le nostre attività di ricerca. Un altro segnale concreto dell’impegno del gruppo per il futuro del distretto».
Nel campus di Mirandola – 88mila mq, il più grande stabilimento nel polo biomedicale – LivaNova produce ogni anno 570mila dispositivi per la circolazione extracorporea, il 95% dei quali è destinato all’export, con Cina, India e Australia che assorbono da sole il 40% dei volumi. «Il mercato globale cresce, ma noi cresciamo più in fretta – sottolinea Poletti –. Stiamo guadagnando quote e rafforzando la nostra leadership». L’azienda ha da poco raggiunto il traguardo dei 4 milioni di pazienti trattati nel mondo. Alla ricerca e sviluppo LivaNova dedica il 9% del fatturato globale (oltre 60 milioni di dollari nel solo 2024) e il sito emiliano – il principale impianto produttivo del gruppo quotato a Londra e al Nasdaq – accentra una quota crescente delle attività innovative e industriali. «Abbiamo scelto di far crescere qui le nostre tecnologie – conclude Poletti – perché crediamo nel valore del distretto e nelle sue competenze e perché in Italia riusciamo a produrre con costi più bassi rispetto a molti Paesi europei e nordamericani, con standard di qualità ed efficienza altissimi. È un impegno che sento anche mio personale: ho iniziato a lavorare nel gruppo 40 anni fa, quando l’azienda si chiamava ancora Dideco (una delle tante newco biomedicali create da Mario Veronesi, il padre del distretto, ndr)».