Storie Web venerdì, Agosto 1
Notiziario

Le ceneri vulcaniche e i rifiuti urbani si trasformano in “materia prima” per la produzione di biofertilizzanti. È l’obiettivo del progetto denominato Landfeed che punta a valorizzare l’economia circolare mettendo assieme sia l’ambito industriale sia quello ambientale e agricolo messo a punto dai ricercatori dell’Enea nell’ambito di un programma di collaborazione con l’Università di Catania.

«Il progetto punta a rispondere a questa sfida – anticipa Antonella Luciano, ricercatrice del Laboratorio Strumenti per la sostenibilità e circolarità di sistemi produttivi e territoriali dell’Enea e referente del progetto -, recuperando nutrienti preziosi dai rifiuti e sottoprodotti agricoli, forestali, industriali e urbani, contribuendo così non solo alla riduzione degli scarti, alla sicurezza alimentare, all’agricoltura sostenibile ma anche alla creazione di un mercato europeo di biofertilizzanti, considerato che gran parte di questi prodotti proviene da importazioni estere». Per il progetto, i ricercatori dell’Enea svilupperanno una piattaforma web di simbiosi industriale che servirà a semplificare la gestione dei diversi residui e a favorirne l’utilizzo nella produzione di biofertilizzanti,

«In questo modo saremo in grado di coordinare l’intero processo produttivo, promuovendo la collaborazione e lo scambio di sottoprodotti e scarti tra aziende in un sistema di simbiosi industriale – argomenta la ricercatrice -. Inoltre daremo il nostro contributo per implementare un ‘passaporto digitale del prodotto’ per i fertilizzanti biologici, in modo da garantire la tracciabilità lungo l’intera catena di approvvigionamento e produzione, ottimizzando quindi l’uso di diversi residui organici, in base ai principi dell’economia circolare».

Oltre allo sviluppo di tecnologie innovative per il recupero dei nutrienti destinati alla produzione di fertilizzanti di origine biologica, nell’ambito del progetto verranno sviluppati rivestimenti di nuova generazione a base di chitosano e microalghe, capaci di migliorarne l’efficienza grazie a meccanismi di rilascio controllato dei nutrienti. «In questo modo – argomenta -, Landfeed contribuirà a una gestione più efficiente dei concimi, ottimizzando i raccolti, riducendo le emissioni di gas serra, minimizzando l’impatto sulle risorse idriche e favorendo il ripristino della salute del suolo grazie al miglioramento della sua biodiversità».

Il programma prevede cinque casi studio europei che si differenziano tra loro per tipologia e trattamento di rifiuti organici utilizzati. Il progetto pilota italiano si concentrerà su un mix di rifiuti che comprendono fanghi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue, sia industriali sia civili, e dagli allevamenti di pesci d’acqua dolce, residui provenienti dalla coltivazione di microalghe e il digestato ottenuto dai residui agricoli. A questi si aggiungeranno i sottoprodotti industriali della lavorazione delle arance e la cenere vulcanica dell’Etna, un residuo ricco di minerali utili per il suolo. «Tutti questi residui, seppur di natura diversa – prosegue la ricercatrice -, saranno trattati attraverso un processo sostenibile che permetterà di trasformarli in un prodotto utile per l’agricoltura, all’interno di un sistema di simbiosi industriale che ottimizza l’utilizzo delle risorse disponibili, riducendone l’impatto ambientale».

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