Bankitalia conferma le stime sul Pil e prevede che il prodotto interno lordo dell’Italia aumenterà dello 0,6 per cento nel 2025, dello 0,8 nel 2026 e dello 0,7 nel 2027, sospinto principalmente dalla ripresa dei consumi.
L’aumento dei dazi e dell’incertezza penalizzerebbe invece gli investimenti e le vendite all’estero, sottraendo alla crescita del prodotto circa 0,5 punti percentuali complessivamente nel triennio 2025-27. Un più forte inasprimento delle politiche commerciali e il permanere dell’incertezza su livelli elevati potrebbero tuttavia determinare sviluppi più sfavorevoli. In particolare, se i dazi tornassero ai livelli annunciati il 2 aprile, la crescita sarebbe inferiore di circa due decimi di punto percentuale nell’anno in corso e fino a mezzo punto all’anno nel prossimo biennio rispetto a quella prevista nello scenario di base.
Allo stesso tempo, una crescita maggiore, osservano i tecnici dell’istituto di Via Nazionale, potrebbe derivare da effetti più pronunciati dell’aumento delle spese per la difesa e le infrastrutture a livello europeo o da un esito delle trattative sulle politiche commerciali più favorevole di quello implicito nello scenario di base.
Queste indicazioni sono fornite nella Nota che presenta le proiezioni macroeconomiche per l’Italia nel triennio 2025-27 elaborate dagli esperti della Banca d’Italia nell’ambito dell’esercizio coordinato dell’Eurosistema. Va ricordato che le proiezioni di Bankitalia sono realizzate sulla base di ipotesi comuni concordate a livello di Eurosistema, e che presuppongono un aumento di circa 10 punti percentuali da parte degli Stati Uniti dei dazi sulle importazioni di beni dell’Unione europea. Le proiezioni, come concordato nell’ambito dell’Eurosistema, sono basate sulle informazioni disponibili al 14 maggio per la formulazione delle ipotesi tecniche e al 20 maggio per i dati congiunturali.
Secondo l’istituto di Via Nazionale, l’inflazione rimarrà contenuta, collocandosi all’1,5 per cento nella media dell’anno in corso e del prossimo e al 2,0 per cento nel 2027. Al netto della componente energetica e alimentare, sarebbe pari all’1,8 per cento nella media di quest’anno e scenderebbe all’1,6 nel prossimo biennio, riflettendo principalmente le minori pressioni derivanti dal costo del lavoro. Eventuali aumenti ritorsivi dei dazi da parte dell’Unione europea potrebbero esercitare temporanee spinte al rialzo, i cui effetti sarebbero più che compensati nel medio termine da quelli di segno opposto dovuti a un marcato e persistente deterioramento della domanda aggregata.