Storie Web sabato, Giugno 21
Notiziario

«Siamo troppo piccoli per competere». Valutazione netta, corroborata dai numeri, quella di Mauro Bergozza, presidente di Assomac, che in occasione dell’assemblea annuale dei produttori di tecnologie per lavorazione di pelli, concia e calzature chiede alla sua categoria un passo in avanti deciso verso un rafforzamento strutturale. «Si può discutere sugli strumenti – spiega durante l’evento svolto a Kilometro Rosso – ma non possiamo più rimandare una riflessione seria sulla nostra dimensione. Con aziende associate che in 20 anni si sono ridotte da 174 a 135».

Nicchia di prestigio, quella presidiata da Assomac, con le tecnologie meccaniche made in Italy per conceria, calzature e pelletteria capaci di arrivare al 30% dell’export globale di settore, con punte superiori al 50% nelle macchine per conceria e del 35% nella pelletteria. Comparto ora messo a rischio da più fattori: da un lato la frenata del lusso globale, che abbatte gli investimenti dei clienti a valle, dall’altro la crescita impetuosa della Cina, che in un solo anno è passata dal 34 al 44% dell’interscambio globale, arrivando nel mercato a valle delle calzature a produrre oltre 12 miliardi di paia, più della metà del totale mondiale. Mentre in parallelo i grandi brand della moda vedono erosa la propria leadership verso Pechino. «In questi anni – commenta Luca Sburlati, Presidente di Confindustria Moda – i produttori locali sono cresciuti e i consumatori si dirigono anche verso le loro proposte. Ora auspico in Italia accordi di filiera e uno scatto tecnologico delle aziende, varando in parallelo un piano strategico di comparto con misure a lungo termine».

Per il settore rappresentato da Assomac l’esito di queste condizioni di mercato, è una frenata a doppia cifra, ricavi per 575 milioni in discesa del 12% rispetto al 2023, situazione che impone una riflessione ad ampio raggio sulle strategie di reazione future. Da un lato si punta a sviluppare mercati nuovi, ad esempio Pakistan, India e Senegal, sfruttando la collaborazione con Ice e le ambasciate per creare nuovo business. Dall’altro si guarda al rilancio sui filoni chiave dell’innovazione, azione che ancora una volta trae beneficio da dimensioni maggiori. «Nel nostro settore – spiega Bergozza – la frammentazione è ancora troppo elevata, struttura che limita la capacità di investire in innovazione, digitalizzazione e internazionalizzazione. Aggregarsi, tramite fusioni, acquisizioni o alleanze, non è più un’opzione ma una necessità per sopravvivere e crescere». Strada che l’associazione punta a incentivare, lanciando un programma di assessment digitale gratuito per le piccole imprese. Mentre in parallelo si punta a rafforzare la collaborazione con i settori a valle, moda, calzature e accessori, con l’ipotesi di avviare un tavolo di lavoro congiunto sul miglioramento dei processi e sulle soluzioni tecnologiche per la gestione dei dati.

«Dal 2000 in poi – commenta il direttore generale di Confindustria Maurizio Tarquini – viviamo crisi frequenti e traumatiche ma l’Italia ha dimostrato una notevole resilienza. La vera forza del Paese è lo spirito e la capacità dei nostri imprenditori ma dobbiamo ancora irrobustire il nostro sistema economico: le imprese con oltre dieci dipendenti sono circa 240mila, la spina dorsale dell’economia. L’imprenditore spesso però non trova condizioni favorevoli per svolgere la propria attività, pensiamo ad esempio alla burocrazia. Anche per questo, Confindustria ha proposto al Governo 80 misure di semplificazione a costo zero: 14 approvate, una ventina in valutazione. Anche sul costo dell’energia stiamo cercando di far passare il principio del disaccoppiamento; non possiamo solo aspettare il nucleare di nuova generazione: serve intervenire subito».

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