L’ipotesi leasing sociale
La Francia è tra i più convinti sostenitori di questa linea di azione, ed inoltre spinge per applicare su vasta scala quanto fatto in casa per sostenere il mercato delle auto elettriche con il sistema del “leasing sociale” per sostenere il noleggio “a prezzo accessibile” per le famiglie a basso reddito.
Quest’ultima opzione è stata più volte vagliata anche dal governo italiano, che tuttavia non l’ha inserita nella campagna di incentivi dello scorso anno ritenendo che, a conti fatti, potesse risultate controproducente in termini di difesa delle quote di produzione italiana (cioè di modelli Stellantis).
La clausola “made in Europe”
Altro discorso è quello della difesa di modelli ad alto contenuto di made in Europe. Qui la convergenza tra i principali Stati membri che ospitano industrie automobilistiche potrebbe più facilmente concretizzarsi. Ancora una volta la Francia, negli anni scorsi, ha indicato una possibile via. Parigi, ai fini dell’incentivazione delle auto elettriche, ha introdotto un metodo di calcolo delle emissioni su tutto il ciclo di vita dell’auto (considerando quelle in fase di produzione e trasporto) e non solo sullo scarico finale, in questo modo delimitando fortemente la gamma di modelli asiatici, e cinesi in particolare, ammessi al bonus. Ne è scaturito un riequilibrio delle quote di mercato e un assist a tutta la filiera francese. Il ministero delle Imprese e del made in Italy guidato da Urso aveva iniziato a studiare uno schema di questo tipo, pur con le dovute differenze, ma tutto si è arenato nelle sabbie mobili dello scontro con Tavares. L’armistizio poi firmato con il presidente di Stellantis, John Elkann, ha comunque sancito lo stop agli incentivi alla domanda, in attesa come detto di iniziative europee.
Le regole sugli appalti
Una strada alternativa al “modello francese”, ancora più ambiziosa, potrebbe essere introdurre direttamente il principio della priorità agli acquisti “made in Europe” direttamente nelle regole europee sugli appalti, che saranno soggette a un riordino. Una via oggettivamente più complessa, che verosimilmente dovrebbe basarsi su una quota di componentistica europea da garantire nella produzione finale dei veicoli incentivati. In questo caso, però, occhio ai tempi: secondo quanto inserito nella Bussola per la competitività, la revisione delle direttive sul public procurement scatterà solo nel 2026.