Storie Web venerdì, Giugno 28
Notiziario

L’intelligenza artificiale generativa è anche una questione di fiducia e di tempo. È emerso con grande evidenza – e non potevamo non aspettarcelo – con la presentazione dell’Ai made-in-Cupertino alla conferenza degli sviluppatori di Apple che si è svolta settimana scorsa a San Francisco. Apple Intelligence, così è stata battezzata, non è un semplice Llm ma una piattaforma che si integra non solo con le app Apple ma anche con le app di terze parti. La scelta di Cupertino è quella di agganciare i propri algoritmi ai dati presenti nel dispositivo e quelli che gli sviluppatori decideranno di condividere con loro. L’elaborazione avverrà quando serve e in base alle richieste dell’utente o direttamente sui server di Apple del Private Cloud Computer o direttamente sul dispositivo oppure fuori all’esterno su altri modelli linguistici di grandi dimensioni come per esempio ChatGpt di OpenAi che ha stretto un accordo con Apple. L’architettura studiata da Apple è unica nel suo genere e decisamente innovativa. Per vederla in Europa ci vorrà tempo.L’azienda di Cupertino ha spiegato che il ritardo è «a causa delle incertezze normative causate dal Digital Markets Act, non crediamo che saremo in grado di implementare 3 di queste funzionalità (iPhone Mirroring, SharePlay ed Apple Intelligence) per i nostri utenti europei nel corso di quest’anno». Il problema sarebbe nell’integrazione di ChatGpt all’interno del sistema operativo.

Da alcuni mesi sentiamo parlare con insistenza di Ai-on-device che vuole dire usare l’hardware del dispostivo (Pc o smarphone) per processare le costosissime domande che rivolgiamo ai chatbot. L’Ai gen sappiamo essere oltre che energivora anche un mal di testa di non poco conto per i Cio di tutte le aziende. Fuori dal cloud comptuting enterprise che ha regole consolidate sull’uso dei dati delle aziende, spedire domande contenenti informazioni sensibili su di noi e sulla nostra vita su server è una attività che segnerà indelebilmente la nuova era dei chatbot. Ogni volta che un dato esce da un dispositivo diventa più vulnerabile.

Apple su questo fronte è sempre stata cintura nera e negli ultimi dieci anni ha concentrato la sua martellante comunicazione marketing proprio sul rispetto della riservatezza dei dati dei suoi utenti.

Ma come funziona?

Con Apple Intelligence Cupertino afferma che il suo sistema incentrato sulla privacy tenterà innanzitutto di svolgere le attività di intelligenza artificiale localmente sul dispositivo stesso. Sono almeno cinque i fundation models che Apple ha messo ha disposizione dei propri utenti. Quanto agli esterni come detto per ora Apple ha integrato ChatGpt ma i manager di Cupertino hanno dichiarato di essere aperti anche ad altri provider esterni (tipo Gemini per fare un esempio). Qualcuno ha protestato che l’accordo con OpenAI potrebbe rompere quell’integrazione software-hardware che da sempre è la cifra costruttiva della Mela morsicata. Come spiega Apple l’accesso a Gpt avviene attraverso Siri. E’ lei (o lui) che decide se usare i foundation model del telefono o uscire da esso. In ogni caso la parola finale spetta all’utente che autorizza il prompt e i servizi con i server di OpenAI. In base alle regole sottoscritte con Apple gli indirizzi Ip saranno oscurati e OpenAi si impegna a non archiviare i prompt nel caso di uso del chatbot gratuito. Nella modalità a pagamento invece prevale il trattamento della privacy sottoscritto con OpenAI.

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