Crescono, a un ritmo maggiore rispetto agli uomini, le donne nelle libere professioni. E sono loro di fatto a trainare l’aumento dell’occupazione autonoma. Tra il 2009 e il 2023 il numero dei professionisti è aumentato, passando da 1,15 a 1,36 milioni. Ma mentre gli uomini sono cresciuti “solo” del 6,5%, le donne hanno fatto registrare un balzo del 49% con un incremento in assoluto di oltre 157mila unità, tra professionisti ordinistici e non. Tanto che oggi tra questa vasta platea più di un professionista su tre è donna (il 35% contro il 28% del 2009). A certificare questa avanzata è lo studio di Confprofessioni dal titolo: «Le priorità strategiche per la parità di genere nelle libere professioni» che sarà presentato a Roma l’11 marzo ma che il Sole 24 Ore è in grado di anticipare.
Una questione generazionale
La crescita è in buona dovuta ai giovani: sono soprattutto le donne fresche di laurea a scegliere la libera professione. Tanto che oggi tra avvocati, commercialisti e tutte le altre professioni ordinistiche le donne – come segnala l’Adepp, l’associazione delle casse di previdenza private – sono già maggioranza nella fascia sotto i 40 anni di età.
Il sorpasso femminile è realtà nella sanità e nell’assistenza sociale, a tradizionale maggioranza femminile, mentre è vicino nell’area legale (43,1% di donne) e tra i veterinari (40,4%). Più indietro resta, ancora una volta, l’area Stem dove la presenza maschile è ancora al 76,8 per cento.
Il gender pay gap persiste
Ma le notizie positive si fermano qui. Poco sembra essere cambiato a livello di redditi: già a cinque anni dalla laurea una professionista donna guadagna il 20% in meno rispetto a un collega. Il maggior divario si registra tra le professioni ordinistiche: a fronte di un reddito medio 2022 di circa 54mila euro, quello delle donne è di soli 29mila euro, con una distanza quindi di 25mila. Nel dettaglio le avvocate dichiarano poco più di 26mila euro, meno della metà degli avvocati (-54%) ma il record va ai commercialisti con oltre 43mila euro di distanza tra uomini e donne. Il gap è minore tra i professionisti non ordinistici iscritti alla gestione separata Inps.
Il nodo della maternità
Il momento spartiacque resta quello della maternità, quando buona parte delle professioniste intervistate da Confprofessioni ha ammesso di aver dovuto ridurre il tempo e le attività lavorative. Ed è qui che emergono ancora vecchi retaggi: soltanto un terzo delle donne ha potuto continuare l’attività senza cambiamenti all’arrivo di un figlio, mentre per gli uomini il 68% non ha subito scossoni. Le Casse di previdenza hanno da tempo avviato un welfare specifici per la genitorialità: dal bonus bebé per i medici di Enpam alla copertura delle spese per i centri estivi degli avvocati iscritti a Cassa forense, solo per fare un esempio, ammontano complessivamente a oltre 24 milioni le risorse spese nel 2023 dalle Casse per il welfare legato alla famiglia. Ma non sempre arrivano a destinazione: «La metà delle colleghe intervistate non ha usufruito di alcun sostegno – commenta il presidente di Confprofessioni, Marco Natali – semplicemente perché non ne era a conoscenza. Questo deve spingerci a potenziare l’informazione e anche a fare rete tra noi, gli Ordini e le Casse per potenziare l’impatto delle nostre misure».