L’aumento delle vendite dei salumi in vaschetta è iniziato durante il Covid, spinto da almeno tre motivazioni: una maggiore certezza sull’igiene del prodotto, una conservabilità più lunga (per spese meno frequenti) e un tempo minore di permanenza nei supermercati (e quindi meno possibilità di infettarsi, magari in fila al banco taglio). Poi, seppur con fortune alterne a seconda del tipo di salume, questo tipo di confezionamento si è affermato sempre più come abitudine di consumi, anche se il maggior costo al chilo ha a volte rallentato il trend in un momento di contenimento dei consumi dovuto a crisi e inflazione.
Un trend che però resta evidente e che ha contagiato anche un salume certo meno difficile da affattare a casa e che per sua natura ha una conservabilità più lunga. Anche il poterlo affettare in modi diversi e a momento del consumo a seconda della necessità è un valore aggiunto e un “rito della convivialità”, almeno a giudizio di scrive; ma molti italiani non sembrano pensarla così. Almeno a guardare ai dati forniti dal Consorzio del Cacciatore Italiano, che a fronte di una sostanziale tenuta del prodotto immesso sul mercato (3,8 tonnellate mel 2024) comunica un «notevole aumento dell’affettato in vaschetta che continua il suo trend positivo da oltre 5 anni a questa parte e che nel 2024, con 337.820 Kg prodotti», pari a un registra aumento del 23%, «a conferma della predilezione del consumatore finale per un formato pratico nell’utilizzo e comodo nel fare scorta». È anche vero, comunque, che si tratta di meno del 10% della produzione. Nel caso del Salame Piemonte Igp, però, il preaffettato è arrivato al 54% delle vendite, superando il prodotto intero: «grazie alla diversificazione dei formati», dicono dal Consorzio.
Tornando al Cacciatore Italiano, l’export, copre quasi il 30% della produzione, si registra invece una contrazione del 5,6%, «principalmente dovuta al calo delle vendite in Germania», non compensato dall’andamento di altri mercati come ad esempio l’Austria (+26%), il Belgio (+13%) e la Svizzera (+ 21%).
«In particolare, per gli ultimi due, l’incremento può imputarsi anche ai programmi di promozione in questi due mercati, che il Consorzio sta attuando, grazie anche al cofinanziamento Ue, con un’articolata serie di attività sul territorio che coinvolgono anche il canale della Gdo», si legge in una nota.
Sul fronte dei canali di vendita, la Gdo resta leader con il 58,7% seguita dai discount con il 35,1% e dal normal trade (6,2%).