Storie Web giovedì, Maggio 16
Notiziario

Non agenti dei servizi segreti, né altre ipotesi più fantasiose: la versione ufficiale è che i due uomini che a novembre si avvicinarono all’auto di Andrea Giambruno, ex compagno di Giorgia Meloni, non fossero altro che ricettatori. Il caso aveva mobilitato l’attenzione dei vertici dello Stato.

Sembrerebbe risolto il caso che ha attirato l’attenzione nazionale per giorni e che ha mosso i vertici delle autorità di polizia italiane per mesi: quello di due uomini che, nella notte dello scorso 30 novembre, si avvicinarono all’auto di Andrea Giambruno, ex compagno della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Per settimane si è speculato su chi fossero, arrivando anche a ipotizzare un coinvolgimento dei servizi segreti. Oggi però è venuto fuori che, secondo la ricostruzione ufficiale, si trattava semplicemente di ricettatori: due uomini che nella notte giravano nella zona senza interesse per Meloni, ma forse cercando delle parti di ricambio.

L’auto in questione si trovava sotto l’abitazione della stessa Meloni, e così un agente di sorveglianza fermò gli uomini, chiedendo cosa stessero facendo. I due, che armeggiavano con una torcia in mano, dissero di essere “colleghi”, agitarono un presunto distintivo e se ne andarono prima di essere identificati. Poco dopo, però, un rapido controllo mostrò che non erano affatto poliziotti. Era troppo tardi, però, per chiedere loro dei documenti. Così, l’avvenuto fu riportato ai superiori, risalendo la catena di comando.

Il caso aveva allertato i piani alti del Paese – risulta che sia stato coinvolto anche il capo della polizia Vittorio Pisani e poi il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi – dato che, quando si parla della sicurezza personale della presidente del Consiglio la cautela è sempre altissima. Il sospetto era che, visto l’avvicinamento all’auto del compagno (per quanto in quel periodo fosse avvenuta da poco la separazione pubblica tra i due), ci fosse un tentativo di tracciare lei, che fosse tramite sensori Gps, microfoni nascosti o altre attrezzature ancora.

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Lo stesso sottosegretario Fazzolari, che ha la delega ai Servizi, aveva parlato del caso davanti al Copasir (il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, cioè la commissione del Parlamento che gestisce i rapporto con i servizi segreti) il 4 aprile. Pochi giorni fa, Fazzolari ha confermato pubblicamente che non c’è stato alcun coinvolgimento dei servizi nel caso e che Meloni non è mai stata a rischio. Il motivo, come riportato da Repubblica, è che i due uomini sarebbero stati semplici ricettatori.

Infatti, i video di sorveglianza avrebbero rivelato che la stessa auto su cui viaggiavano i due, nella stessa notte, si era già fermata vicino a diverse auto simili a quella dell’ex compagno di Meloni. La spiegazione più semplice, quindi, è che si trattasse semplicemente di ladri alla ricerca di pezzi di ricambio o comunque di parti di auto da poter rubare. E che, forse a loro insaputa, si sono trovati a frugare sotto la casa della presidente del Consiglio, scatenando l’allarme dei vertici della sicurezza nazionale.

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