Nella prima parte del 2025 l’export agroalimentare italiano ha continuato la sua crescita (+5,7% a settembre) e potrebbe arrivare a superare a fine anno per la prima volta quota 70 miliardi di euro. Una volata trainata soprattutto dai mercati dell’Unione Europea (+9%), con ottime performance in Polonia (+17,3%), Romania (+11,1%), Repubblica Ceca (+9,1%) e Spagna (+14,5%). Meno brillante la crescita extra Ue (+4%), frenata dai cali registrati negli Stati Uniti (-1,1%), in Russia (-8%) e in Giappone (-13%). L’Italia è oggi il nono esportatore mondiale per valore (67,2 miliardi di euro nel 2024) e secondo Paese al mondo per crescita nell’ultimo quinquennio, con un aumento del 55%.
È il quadro tracciato da Nomisma per la IX edizione del Forum Agrifood Monitor, evento organizzato in collaborazione con Crif e con il supporto di Crédit Agricole Italia.Non mancano comunque le criticità, dovute soprattutto alla permanenza di una forte concentrazione geografica: «i primi cinque mercati di destinazione (Germania, Usa, Francia, Uk e Spagna) rappresentano ancora il 50% dell’export complessivo. Una dipendenza che rende urgente una maggiore diversificazione – notano i ricercatori – soprattutto in una fase caratterizzata da molteplici fattori di incertezza e complessità, in cui gli equilibri commerciali globali si stanno rivelando sempre più fragili».
L’importanza della diversificazione
L’incognita maggiore per il futuro arriva dagli effetti dei dazi Usa, considerando che le esportazioni tricolore oltreoceano sono aumentate del 66% tra il 2019 e il 2024 e che oggi l’Italia è il terzo fornitore di prodotti food&veverage negli States.
Il calo dell’export agroalimentare negli Usa, più che ai dazi, è legato principalmente alla svalutazione del dollaro (oltre -10% da inizio anno) e all’incertezza generata dai dazi, «che hanno provocato un andamento altalenante: una forte crescita nei primi tre mesi dell’anno dovuto all’effetto scorte e un crollo fino al -22% in agosto, con l’introduzione del dazio aggiuntivo del 15% su alcuni dei nostri prodotti», notano dall’istituto di ricerca bolognese.
Nonostante ciò, gli Stati Uniti restano un mercato strategico e difficilmente sostituibile per il food & beverage italiano. Con un Pil pro capite vicino ai 90mila dollari e una spesa alimentare annua di oltre 4.500 dollari a persona, gli Usa importano 211 miliardi di dollari di prodotti agroalimentari, con una crescita del 50% negli ultimi 5 anni.












