Storie Web martedì, Marzo 25
Notiziario

Tra i paradossi del Fisco italiano c’è anche quello che la riduzione da quattro a tre delle aliquote Irpef per alcuni contribuenti non si tradurrà in una diminuzione delle tasse nella dichiarazione dei redditi da presentare nel 2025. Arriva, infatti, ora al pettine il nodo di quella che tecnicamente si chiama sterilizzazione degli effetti sugli acconti della prima riduzione da quattro a tre aliquote che il decreto attuativo della delega fiscale (il Dlgs 216/2023) aveva introdotto per il 2024. Riduzione che poi l’ultima manovra ha messo a regime, però senza un coordinamento tra le due norme.

Recupero solo nella dichiarazione 2026

Tradotto in pratica, vuol dire che gli acconti d’imposta per il 2024 e il 2025 si calcolano come se quell’accorpamento del primo scaglione fino a 28mila euro sotto l’aliquota del 23% (eliminando quindi quella del 25%) non esistesse per ora. Risultato? Secondo le prime simulazioni effettuate dai Caf della Cgil si determinerebbe un effetto paradossale con un aumento di tassazione dai 75 ai 260 euro per i lavoratori dipendenti e dai 100 ai 260 euro per i pensionati. Soldi che potranno essere recuperati solo con la dichiarazione 2026 e che quindi determinano una sorta di anticipo a tasso zero per l’Erario.

Impatto su pensionati e dipendenti

Un problema che poco più di un anno fa era solo prospettico e, invece, ora si materializza con l’avvio della campagna della dichiarazione dei redditi. E che soprattutto rischia, secondo la denuncia della Cgil, di penalizzare solo dipendenti e pensionati e quindi quei contribuenti che pagano tutto e che vedono tassati tutti i loro redditi da lavoro e pensione. In realtà, bisogna considerare due aspetti. Il primo è che si tratta di un effetto solo temporaneo, perché l’anticipo maggiorato che si rischia di pagare ora poi sarà recuperato con la dichiarazione dei redditi 2026. La perdita è solo temporanea e, in ogni caso, al di là delle situazioni tipo molto dipenderà dai bonus fiscali (detrazioni e deduzioni) che il singolo contribuente potrà far valere in dichiarazione e che portano anche per l’anno in corso a mitigare la possibile penalizzazione. Penalizzazione che ora risulterebbe visibile nell’immediato solo per le addizionali comunali perché, per espressa previsione della riforma fiscale, sono rimaste comunque a quattro aliquote e perché vengono applicate mese dopo mese direttamente in busta paga.

Il dossier aperto

In teoria, quindi, ci sarebbero i tempi per un intervento per rimediare al cortocircuito tra riforma Irpef e manovra, come chiesto a gran voce da tutte le forze di opposizione che ora riconoscono gli effetti di una norma sottoposta comunque al parere delle commissioni parlamentari prima di approdare in «Gazzetta Ufficiale». Il dossier è stato aperto sui tavoli governativi ma l’input è quello di procedere con cautela cercando di capire quali sono i numeri effettivi della platea interessata e quelli delle coperture.

Il problema sul cuneo fiscale

Sul tavolo, infatti, c’è anche la necessità di prevedere un’integrazione – come del resto già anticipato dalla sottosegretaria all’Economia Lucia Albano in risposta a un question time a fine gennaio – per la perdita di 1.200 euro annuali di trattamento integrativo che la riscrittura del cuneo fiscale, sempre nell’ultima manovra, ha determinato per i contribuenti con retribuzione lorda tra 8.500 e 9.000 euro.

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