Un summit che ha riunito le imprese piemontesi e una delegazione saudita nella quale c’erano anche rappresentanti del Fondo Pif. Si è svolto al Centro Congressi dell’Unione Industriali di Torino il Saudi-Italia Business Forum, organizzato dall’Associazione degli industriali torinesi insieme al ministero degli Investimenti Saudita, la Federazione Saudita delle Camere di Commercio, Invest Saudi e il Business Council Saudita Italiano. Si tratta di un secondo appuntamento in calendario dopo quello organizzato da Assolombarda.
Sono oltre 200 le imprese italiane già presenti in Arabia Saudita, con una bilancia commerciale attiva pari a 66 milioni per la provincia Torino e a quota 300 milioni per il Piemonte. A farla da padrone, dopo il calo nel 2024 dei mezzi di trasporto, è il settore dei macchinari e degli apparecchi che vale circa un terzo dell’export complessivo di 70 milioni per Torino e di 318 milioni per il Piemonte, su un totale nazionale di 6,2 miliardi.
Il tema delle esportazioni è un tema chiave per il Piemonte dopo la contrazione del 2024 che ha fatto scivolare la regione al quinto posto tra le principali aree esportatrici italiane dopo Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Toscana. «Ciò che unisce le nostre nazioni non è solo l’interesse economico, ma una visione condivisa di crescita, innovazione ed eccellenza» ha sottolineato Kamel Almunajjed, co-chairman del Saudi-Italian Business Council.
«Questi dati dimostrano chiaramente come l’Arabia Saudita stia guardando al Piemonte come partner strategico per lo sviluppo di settori chiave. La qualità, l’innovazione e la capacità di adattarsi alle esigenze del mercato saudita sono i punti di forza che rendono il Made in Italy, e in particolare il Made in Piemonte, così attrattivo» ha spiegato Cristina Tumiatti, vicepresidente della Piccola Industria di Unione Industriali Torino.
L’Arabia Saudita rappresenta un mercato dalle potenzialità strategiche per la manifattura, grazie alla sua posizione geografica, al contesto economico in forte crescita e alle riforme in atto. «Si configura come un hub naturale per chi desidera estendere la propria presenza non solo nel Medio Oriente, ma anche nei mercati asiatici e africani. Tali caratteristiche assumono ancora più importanza oggi, in un momento geopolitico che presenta molte criticità nel mondo» aggiunge Tumiatti.