Vent’anni fa Max Mara Fashion Group lanciò con la galleria d’arte londinese Whitechapel Gallery un premio biennale per le arti visive, diretto a valorizzare l’innovazione e la creatività al femminile e rivolto ad artiste emergenti basate nel Regno Unito. Nel 2007 si unì, come terzo partner del Max Mara Art Prize for Women, la Collezione Maramotti di Reggio Emilia, preziosa raccolta di opere d’arte dal Dopoguerra a oggi. Quell’operazione non si è più fermata: le artiste che partecipano al premio presentano un progetto, valutato da una giuria formata da Whitechapel Gallery e composta da donne protagoniste della scena artistica britannica; la vincitrice ottiene una residenza d’artista di sei mesi in Italia e l’assistenza per la produzione dei propri lavori prestata dalla Collezione Maramotti (nel cui catalogo restano le opere d’arte), dalla ricerca dei materiali alle tecniche produttive, dai contatti istituzionali a quelli artigianali.
Nove opere multimediali
Ora i lavori delle vincitrici – nove in tutto, considerata la pausa del Covid – sono esposti a Firenze, negli spazi della galleria Strozzina a Palazzo Strozzi, nella mostra ‘Time for Women! Empowering Visions in 20 Years of the Max Mara Art Prize for Women’ organizzata da Fondazione Palazzo Strozzi e Collezione Maramotti proprio per celebrare il ventennale del premio. “Per la prima volta le opere sono riunite tutte insieme – spiega Sara Piccinini, direttrice della Collezione Maramotti – ed è ancora più evidente la visione del femminile non stereotipata, il rapporto con la natura, l’attenzione alla maternità, alla vulnerabilità, alla povertà che le artiste hanno espresso”.
Un trampolino di lancio
Emergenti al momento della partecipazione al premio, alcune delle artiste negli anni si sono affermate nel panorama artistico internazionale. Le opere della mostra – video, installazioni, sculture, opere a parete – sono di Margaret Salmon, Hannah Rickards, Andrea Buettner, Laure Prouvost, Corin Sworn, Emma Hart, Helen Cammock, Emma Talbot e Dominique White. Ciascuna artista ha scelto la città italiana (o le città) in cui vivere, lavorare, lasciarsi ispirare, da Faenza per realizzare lampade in ceramica a Reggio Emilia per i telai jacquard fino alle acque del Mediterraneo per far ossidare una scultura in ferro. “Ognuna di loro, a partire da riflessioni su temi come l’identità, la memoria, il corpo, la società e la politica – spiegano i promotori – si è concentrata su aspetti particolari legati alla ricerca e all’esperienza nel nostro Paese: dalla commedia dell’arte alla maternità, dall’idea contemporanea di grand tour alle alte eccellenze artigiane, dalla mitologia alle comunità monastiche, dal paesaggio naturale alla Storia, fino alla raccolta di voci e narrazioni dimenticate dall’antichità a oggi”. Il prossimo anno, nel 2026, partirà la nuova edizione del premio: la declinazione dell’arte al femminile non si ferma.