Il conto alla rovescia è iniziato. La trattativa tra i membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è già in corso. Ciò che si intuisce già da ora è che il verdetto finale avrà comunque, al di là dell’esito del negoziato, delle ripercussioni importanti per l’Italia. Nata con la risoluzione 425 adottata il 19 marzo 1978 da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, a seguito dell’invasione del Libano da parte di Israele (marzo 1978), da allora il mandato di Unifil, la missione delle Nazioni Unite nel Sud del Libano, è stato prorogato più volte.
La parola finale è sempre del Consiglio di Sicurezza, di cui fanno parte, con diritto di veto, cinque membri permanenti: Cina, Francia, Russia, Regno Unito e Stati Uniti. È lui che decide se prolungare o meno l’operazione internazionale. Il mandato attuale, rinnovato il 28 agosto 2024, scadrà il 31 agosto. Il che, quando si parla di politica e diplomazia, significa che il tempo stringe. Si tratta di una missione per la stabilità e la sicurezza in una delle aree più sensibili del Medio Oriente.
Da giugno l’Italia è alla guida della missione
In questa partita l’Italia è spettatrice “interessata”, in quanto ricopre un ruolo di primo piano nella missione. Il 24 giugno a Naqura, il quartier generale della forza di interposizione Onu in Libano, il generale Diodato Abagnara ha preso il comando di Unifil, e si è posta alla guida del contingente internazionale. Alla cerimonia ha preso parte anche il capo di Stato Maggiore della Difesa, il generale Luciano Portolano, uno dei cinque italiani che dall’inizio della seconda fase della missione (agosto 2006) hanno guidato Unifil (gli altri sono stati Claudio Graziano, Paolo Serra e Stefano Del Col). Abagnara ha preso il posto del generale spagnolo Aroldo Lázaro Sáenz e da quel momento coordina il lavoro di quasi 10.000 militari provenienti da 48 Paesi, di cui 1.000 dall’Italia (quello italiano è il secondo contingente più corposo dopo quello indonesiano). Il 2 agosto la brigata Taurinense ha raccolto il testimone dalla Brigata Pozzuoli del Friuli, assumendo la responsabilità della Joint Tak Force – Lebanon Sector-West di Unifil, con la Missione Bilaterale per il Libano (MIBIL) ed il Military Technical Comitee for Lebanon (MTC4L).
Le mosse del governo italiano
Il governo italiano si è mosso. A metà giugno, a margine del Vertice G7 di Kananaskis, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha incontrato il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres. Come ha riferito in quell’occasione una nota di Palazzo Chigi, «il colloquio ha focalizzato l’attenzione sull’iniziativa UN80 per una riforma del sistema delle Nazioni Unite che ne accresca l’efficienza, e sul ruolo dell’Italia in seno all’Organizzazione con particolare riferimento alla missione Unifil». Un mese dopo il ministro degli Affari esteri Antonio Tajani è volato a Washington per incontrare il segretario di Stato Usa Marco Rubio. In quella occasione si è parlato anche di come stabilizzare la situazione in Libano. Tajani ha posto l’accento sul fatto che le capacità e la presenza delle Nazioni Unite nel sud del Libano vanno sostenute e migliorate.
Media: «accordo Usa-Israele su fine mandato Unifil in Libano»
Ai primi di giugno Jerusalem Post e Israel Hayom, che citavano non meglio precisate fonti, hanno scritto che gli Stati Uniti e Israele avrebbero concordato che Unifil debba cessare le sue operazioni nel Libano meridionale. L’amministrazione americana avrebbe deciso di non rinnovare il mandato e, a quanto pare, Israele non avrebbe «cercato di convincerli del contrario».