A gennaio il governo punta a riprendere i trasferimenti dei migranti verso l’Albania. Forte anche della sentenza della Cassazione del 19 dicembre che «ci ha dato ragione» e del vento di destra che soffia in Europa, spingendo verso la difesa dei confini esterni. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni da Saariselka, nella Lapponia finlandese, ha annunciato di aver convocato per lunedì 23 dicembre «una riunione sul tema per capire come procedere». Tra una sentenza e l’altra, dunque, la premier tira dritto dopo aver promesso pochi giorni fa che «i centri funzioneranno, dovessi passarci ogni notte da qui alla fine del governo italiano».
A Palazzo Chigi ci saranno anche il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani (in collegamento dal Kosovo), il sottosegretario Alfredo Mantovano, i ministri di Interno, Difesa ed Affari europei, Matteo Piantedosi, Guido Crosetto e Tommaso Foti. Piantedosi relazionerà sugli arrivi via mare, quest’anno in netto calo: 65mila contro i 153mila del 2023. Si farà il punto – anche alla luce dell’ultima pronuncia degli ermellini – sulle condizioni per riattivare il progetto Albania all’inizio del prossimo anno, dopo la falsa partenza. I giudici hanno infatti finora bocciato i trattenimenti nei centri albanesi dei richiedenti asilo.
Per superare l’ostacolo il governo – con un emendamento inserito nel decreto flussi – ha trasferito la competenza delle decisioni sui trattenimenti dai magistrati delle sezioni immigrazione alle Corti d’appello. Con la speranza di avere decisioni favorevoli. La misura diventa operativa 30 giorni dopo l’entrata in vigore della legge, cioè il prossimo 11 gennaio. Da quel momento, dunque – è la linea che potrebbe emergere dalla riunione del 23 dicembre – la Libra potrà tornare a portare migranti verso il porto di Shengjin.
Nel frattempo, lo scorso 19 dicembre c’è stata una sentenza della Cassazione che il centrodestra ha interpretato come di sostegno alla sua posizione. La pronuncia – su un caso che precede il decreto con cui il governo ha ridefinito la lista dei Paesi sicuri – riconosce alla politica il diritto di stabilire un regime differenziato delle domande di asilo per chi proviene da Paesi designati come sicuri. E dunque il giudice «non può sostituirsi» al ministro degli Esteri, né «può annullare con effetti erga omnes il decreto ministeriale». Il magistrato può tuttavia valutare se la designazione è legittima ed eventualmente disapplicare «in via incidentale» il decreto sui Paesi sicuri.
La Cassazione, deve ancora pronunciarsi sui ricorsi presentati dal governo contro le prime mancate convalide del trattenimento di migranti emesse dalla sezione immigrazione del tribunale di Roma il 18 ottobre scorso. Nell’udienza del 4 dicembre il pg, in tema di definizione di Paesi sicuri, ha chiesto ai supremi giudici di sospendere il giudizio in attesa che a marzo si pronunci la Corte di Giustizia dell’Ue.