Storie Web giovedì, Dicembre 19
Notiziario

Avrà nuove cantine ad alta tecnologia e una nuova area di ricerca e laboratori (sensoriale, chimico, fisico, microbiologico) la cattedrale bolognese del brandy, l’immensa fabbrica alle porte di Bologna del Gruppo Montenegro, dove il distillato riposa anni, se non decenni, in 4mila botti di rovere prima di diventare Vecchia Romagna, il brandy italiano più venduto al mondo.

«Cambia la tecnologia ma non cambia il legno, non cambiano gli ingredienti e non cambia il tempo. Di fatto il nostro lavoro più importante è stare qui ad aspettare lo scorrere degli anni, per consegnare ai posteri il patrimonio che ci hanno lasciato i nostri antenati», racconta Antonio Zattoni, master blender del gruppo Montenegro, camminando tra le piccole barrique in rovere francese (per il primo anno di “riposo”) e le grandi botti in rovere di Slavonia dove maturano dai 4 ai 5mila litri di distillati che, una volte miscelati, diventano il nettare di bacco conservato nell’iconica bottiglia triangolare. Dalla versione classica alla storica Vecchia Romagna “Etichetta Nera” alle due riserve lanciate negli ultimi quattro anni, la “Riserva Tre botti” (blend di acquavite invecchiata in tre botti differenti, rovere di Slavonia, rovere francese e tonneaux di vino rosso) e la “Riserva 18”, che riposa 18 anni in botti di rovere prima di essere affinata in botti precedentemente usate per l’Amarone della Valpolicella, il blend più pregiato della casa bolognese.

La città del brandy apre le porte

La visita allo stabilimento a San Lazzaro di Savena, un’area di 18 ettari di area di cui 5 coperti nella campagna a est di Bologna, dal 1970 cuore della produzione liquoristica del Gruppo Montenegro (e uno dei cinque stabilimenti del brandy più attrezzati d’Europa) è l’occasione per ripercorrere il passato secolare della bottiglia triangolare e per capire i piani di sviluppo della casa bolognese, dal 1999 in mano alla famiglia Seragnoli.

Qui è stato raccolto il patrimonio di Jean Buton, il maestro distillatore della corte napoleonica francese, che nel 1830 aprì a Bologna la prima distilleria a vapore italiana (il cognac Buton divenne Vecchia Romagna nel 1939 perché la Francia proibì l’utilizzo del termine Cognac fuori dai suoi confini e dal suo disciplinare). Qui sono stoccati oggi 4 milioni di litri di alcool (ne transitano oltre 12 milioni l’anno), da qui escono 4 milioni di bottiglie di Vecchia Romagna e qui restano gelosamente custodite, dal 1860 a oggi, piccole riserve del brandy di ogni annata.

Investimenti a Bologna per crescere nel mondo

Mentre fervono i lavori per la costruzioni dei laboratori, che saranno inaugurati il prossimo anno, non ci sono invece date ufficiali per il via ai cantieri nelle cantine, «ma gli investimenti sono già decisi e permetteranno di migliorare le tecnologie di processo e di valorizzare le radici italiane di un brandy che ha ancora nel nostro Paese il suo mercato di riferimento, con oltre il 70% delle vendite, ma che vogliamo far crescere anche all’estero, a partire da Romania, Germania, Svizzera, e che sta raccogliendo interesse che nei Paesi arabi e asiatici», spiegano i vertici del Gruppo Montenegro.

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