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Cambiano i requisiti per l’uscita anticipata nel 2025. Un emendamento alla manovra consente ai lavoratori sotto il regime contributivo (dopo il 1995) di cumulare previdenza obbligatoria e complementare per andare in pensione a 64 anni con 20 anni di contributi, ma ad alcune stringenti condizioni. Vediamo quali.

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Cambiano le regole per l’uscita anticipata a 64 anni nel 2025. Un emendamento alla legge di Bilancio prevede per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995 e quindi rientra interamente nel sistema contributivo, la possibilità di andare in pensione a 64 anni con 20 anni di contributi, cumulando previdenza obbligatoria e complementare. Ma ad alcune precise condizioni.

Per lasciare il lavoro a 64 anni (e 20 di contributi) occorre aver maturato un importo pensionistico che sia di almeno tre volte quello dell’assegno sociale, per un valore di circa 1.600 euro al mese. Questa soglia potrà essere superata attingendo ai fondi pensione integrativi, ma in tal caso gli anni di contributi richiesti aumentano.

Per raggiungere il requisito delle tre volte tramite la rendita proveniente dai fondi pensione, infatti, serviranno 25 anni di contributi nel 2025 e 3o anni nel 2030.

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Cosa cambia con le nuove regole e chi ci guadagna

Innanzitutto, per capire cosa cambia con le nuove regole, bisogna prima chiarire come funziona l’uscita anticipata a 64 anni per coloro che hanno iniziato a lavorare con il regime contributivo, dopo il 1995.

Oggi è possibile andare in pensione 64 anni con vent’anni di contributi solo se la pensione vale 3 volte l’assegno sociale, pari a 534,41 euro al mese. Quindi, facendo un rapido calcolo, il valore dell’emolumento deve essere di almeno 1.600 euro.

Un requisito che non è semplicissimo da raggiungere perché richiede di aver lavorato stabilmente e con un buono stipendio per la maggior parte della propria vita.

Ora per agevolare il raggiungimento di quella soglia e quindi garantire maggiore flessibilità in uscita, l’emendamento proposto dalla Lega prevede la possibilità di integrare alla pensione pubblica la rendita maturata con i fondi privati. Ma in questo caso, si dovrà aver maturato più contributi. Ovvero 25 anni per chi esce da lavoro nel 2025 e poi 30 nel 2030.

In sostanza, chi vorrà usufruire del cumulo pubblico-privato dovrà lavorare di più. Non solo, nel 2030 la soglia richiesta per l’importo pensionistico sale, a 3,2 volte l’assegno sociale.

A chi uscirà prima dal lavoro tra cinque anni, quindi, per integrare la rendita dei fondi privati, saranno richiesti almeno 1.710 euro di pensione.

Ma non si esclude che il multiplo per accedere alla pensione anticipata salga ulteriormente nei prossimi anni. La Ragioneria infatti, si è riservata di apportare modifiche più stringenti, alzando il valore o posticipando l’uscita, se le richieste di integrazione per andare in pensione prima dovessero essere troppe.

Per questo motivo, secondo i sindacati, la modifica leghista non migliorerà le condizioni fissate con la riforma Fornero (64 anni, 20 di contributi e 2,8 volte l’assegno sociale), ma le peggiorerà.

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