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Yasmine, la bambina di 11 anni sopravvissuta in mare, da sola

11 anni, sola, in mezzo al mare per tre giorni e aggrappata a una camera d’aria, prima che la barca civile Trotamar III sentisse una voce. L’hanno definita una voce flebile e non si fatica a crederci, deve essere stata un sussurro, e la fortuna del vento a favore.

Yasmine, userò questo nome, un nome di fantasia per indicare lei e tutte le bambine e i bambini a cui gli adulti, quelli con i decreti sicurezza sotto braccio, le soluzioni in uno slogan, hanno sottratto la vita o dei pezzi. Quegli adulti che hanno studiato, mica come i bambini; quelli vestiti eleganti, mica come gli straccioni; quelli con almeno un passaporto o due, che quando sta per scadere gli arriva un’email, perché mica si può viaggiare senza passaporto, loro lo sanno bene.
Quegli adulti pronti a dichiarare la Tunisia porto sicuro salvo poi il fatto che Yasmine, sierraleonese, è partita proprio dalla Tunisia, e allora si vede che tanto sicuro anche quel Paese non è.
I cattivissimi non sono soltano un cartone animato e sia chiaro: non sono soltanto in Italia, esiste anche una responsabilità europea di queste morti, cioè sempre nostra.

Yasmine era con il fratello, non s’è capito se c’erano con loro anche i genitori, la bambina è sotto shock. S’è capito bene, invece, che a bordo con lei c’erano altre 44 persone, tutte disperse, cioè morte; parliamo chiaro, almeno noi.
Yasmine era l’ultimo mohicano aggrappato alla camera d’aria, e ha visto le persone intorno a lei andare sott’acqua, una dopo l’altra, ognuna di loro con la sua ultima parola pronunciata un minuto prima o un secondo, e chissà quale. Di solito le persone urlano il proprio nome prima di affogare, perché qualcuno lo ricordi; oppure pronunciano la parola “mamma”, anche quelli di quarant’anni. Siamo fatti semplici.

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A 11 anni si mangia la minestra controvoglia.
A 11 anni si scrive su whattsapp.
A 11 anni si prepara lo zaino il giorno prima, per andare a scuola il giorno dopo.
A 11 anni si vorrebbe andare a letto un po’ dopo. Si organizza il primo pigiama party. Qualcuna ancora finge di credere a Babbo Natale, mentre si trucca. A 11 anni si sceglie come vestirsi, si scattano i selfie, qualcuna fa la linguaccia, quasi sempre si dice ancora “ti voglio bene” senza imbarazzo ai genitori, anche in pubblico.
A 11 anni si fa sport: danza, calcio, in Italia sta andando forte anche il rugby femminile. Oppure si suona uno strumento musicale. A 11 anni le farfalle nello stomaco fanno “cucù”, il corpo cambia e si inizia ad ascoltarlo anche se mette qualche timore; a 11 anni si possono fare tutte queste cose e non si dovrebbe pensare a stringere forte una camera d’aria perché altrimenti s’affoga. Non si dovrebbe pensare a partire di notte perché di giorno non hai speranza, e di notte comunque sono morte 44 persone su 45.
A 11 anni potresti imparare le poesie a memoria, non dovresti essere costretto ad ascoltare le ultime parole di compagni di viaggio sotto le onde, e ricordartele per disperazione tutta la vita.

I morti non sono morti per caso. Il mare agitato, le onde alte cinque metri, sono più la norma che l’eccezione.
L’inerzia, l’ignavia, l’indolenza, la pigrazia, e poi le leggi redatte appositamente contro alcuni esseri umani, non sono una accidente improvviso. La campagna di delegittimazione contro le ONG, le multe, i fermi in porto, il divieto di effettuare due salvataggi in mare invece che uno soltanto, prima di tornare in porto, sempre quello più lontano. Finanche le parole utilizzate, il “carico residuale”, tutto converge e spiega quello che è accaduto e quello che ci aspetta.

Salvare dovrebbe essere un verbo nella norma, un’operazione ordinaria fra esseri viventi. Invece è diventata un’anomalia nel sistema giuridico italiano, bisogna destreggiarsi per salvare una vita. Un Governo dopo l’altro ha ribaltato il senso della norma, hanno riscritto le regole. Dovremmo ripartire dalle basi: chi ha bisogno deve essere aiutato.

Yasmine, deposta e rinata sopra una camera d’aria, perché non c’era posto per lei in albergo.

Buon Nalale, non manca molto.

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Sono giornalista e video reporter. Realizzo reportage e documentari in forma breve, in Italia e all’estero.
Scrivo libri, quando capita. Il più recente è “Siate ribelli. Praticate gentilezza“.
Ho sposato Fanpage.it, ed è un matrimonio felice.
Racconto storie di umanità varia, mi piace incrociare le fragilità umane, senza pietismo e ribaltando il tavolo degli stereotipi. Per farlo uso le parole e le immagini. Mi nutro di video e respiro.

Tutti i miei video li trovate sul canale Youmedia personale.

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