La moda italiana rallenta più del previsto, affondata da un terzo trimestre (luglio-settembre) negativo: secondo i Fashion economic trends della Camera nazionale della moda italiana, il settore – unito ai cosiddetti “collegati”: gioielli, occhiali, beauty – ha archiviato i nove mesi 2023 con un -6,5% nei ricavi (tra gennaio e giugno il calo era stato del -6,1%) e chiuderà il 2024 poco sotto i 96 miliardi di euro, in discesa del 5,3% rispetto al 2023. Il comparto torna dunque sotto il tetto dei 100 miliardi che aveva sfondato per la prima volta lo scorso anno e va peggio delle stime: a settembre il calo previsto da Camera Moda su base annua si limitava a un -3,5 per cento. Stringendo il focus, il comparto viaggia a due velocità: abbigliamento e accessori, che hanno il peso maggiore in termini di ricavi, hanno registrato una flessione dell’8% sia nel secondo sia nel terzo trimestre 2024, rispetto ai periodi corrispondenti dell’anno precedente. I settori collegati come occhialeria e gioielli, che nei primi sei mesi avevano rappresentato una boccata di ossigeno per i conti dell’industria, continuano a crescere (+3,8%), ma con meno sprint. «Il fatturato del settore va peggio di quanto previsto – conferma Carlo Capasa, presidente di Cnmi, in occasione della presentazione della Milano Men’s Fashion week di gennaio 2025 – e, considerato l’aumento dei prezzi che si è registrato negli ultimi anni, il calo in termini di volume è ancora più elevato. All’orizzonte c’è una crescita, con i consumatori del lusso che arriveranno a 500 milioni, ma per ora dobbiamo stringerci a coorte e tutelare la filiera. Per questo abbiamo fatto appello al Governo». Proprio ieri è stato dato il via libera all’estensione di quattro settimane, fino al 31 gennaio 2025, della cassa integrazione per il settore della moda. Un intervento da 36,8 milioni di euro (con fondi aggiuntivi per 3,6 milioni) proposto in un emendamento al Dl Pnrr.
Export a +2% ma la Svizzera (hub del lusso) crolla
La situazione meno critica è quella che arriva dai mercati esteri: nel 2024 le esportazioni supereranno quota 90 miliardi di euro, in aumento del 2% sull’anno scorso (contro un +5,5%). Vista la flessione dell’import, il surplus commerciale salirebbe a 26,6 miliardi. Anche nel caso dell’export, però, la situazione non è omogenea e il core business del settore – il segmento abbigliamento e accessori – nei primi otto mesi dell’anno ha segno negativo. A trainare i valori sono le industrie collegate che tra gennaio e agosto 2024 hanno registrato un aumento dell’export in valore pari al 20,6%, con un picco del +29,6% del commercio verso Paesi extra Ue: in testa, con circa 3,4 miliardi di beni esportati in otto mesi c’è la Turchia, che si impone come primo mercato davanti a Usa e Francia, ma anche Emirati (+14,3%), Spagna (+18,4%) e Regno Unito (+10,2%) registrano incrementi a doppia cifra. Il tracollo dell’export verso la Svizzera, hub dei grandi gruppi del lusso, rappresenta il trait d’union tra le esportazioni di tutte le tipologie di merci: cala vistosamente per l’export dei collegati (-19,1%) ma ne caso dell’industria della moda tout court mette a segno un -51,2 per cento, arrivando a un 1,7 miliardi di euro. Con una Francia (primo mercato) stabile e la Germania, secondo, in calo del 5,8%, l’industria della moda chiude gli otto mesi con una flessione dell’export del 4,8%, che sale al -6,1% nell’area extra europea. Tengono Cina (+9,4%) e Giappone (+5,7%). «Il settore del fashion, nonostante una fase di rallentamento, continua ad essere trainante per l’export italiano – ha detto Matteo Zoppas, presidente di Ice – con i 5,5 miliardi del menswear, in crescita del 2,7% da gennaio a luglio del 2024 che sono particolarmente significativi. Le prospettive del comparto moda sono preoccupanti, visto che esiste uno sfasamento tra la domanda del mercato e le disponibilità di magazzino che sta rallentando in modo critico le produzioni. Va capito se si tratta di un fenomeno strutturale o temporaneo».
Consumi in calo: prezzi e creatività le leve per ripartire
La crisi della moda, strettamente connessa al rallentamento delle produzioni e alla stagnazione dei consumi, in alcuni mercati chiave come la Cina, sta assumendo contorni sempre più chiari: «La situazione geopolitica instabile ha impattato non poco sul settore moda e anche in Italia c’è una flessione dei consumi che dipende dall’assenza di alcune nazionalità di turisti che hanno sempre comprato tanto», ha detto Capasa. Una conferma del calo dei consumi interni, con abbigliamento e calzature previsti al -2,7% nel 2024, arriva anche dal report Cdp sulla moda made in Italy, che analizza l’intero settore, dalla produzione alla vendita, per un totale di 75 miliardi di euro (pari al 5,1% del Pil) di valore aggiunto e oltre 1,2 milioni di addetti. Per stimolare i consumi Capasa ha sottolineato che «le aziende devono cercare di lavorare sulle fasce di prodotti entry price, che sono importanti, e sulla creatività che rimane il motore di questo comparto». Capasa ha sottolineato come «le aziende devono cercare di lavorare sulle fasce di prodotti entry price, che sono importanti, e sulla creatività che rimane il motore di questo comparto».
La fashion week maschile con 68 appuntamenti
Proprio la creatività avrà grande spazio a Milano, dal 17 al 21 gennaio, in occasione della Milano Fashion week Men’s collectionche ha in agenda 68 appuntamenti tra cui 20 sfilate, di cui 16 fisiche e quattro digitali. Se marchi come Gucci ed Etro hanno optato per un unico show a febbraio, in calendario ci sono molti giovani: Magliano, Simon Cracker, Federico Cina, Victor Hart (in digitale). « È un appuntamento strategico e sono contenta che ci sia spazio per i giovani – ha detto Alessia Cappello, assessore al Comune di Milano con delega alla Moda – . Invito i grandi brand a impegnarsi attivamente per valorizzare le nuove generazioni: sostenere i giovani significa non solo arricchire il panorama creativo, ma garantire la competitività e il dinamismo futuro di tutto il settore».