Storie Web venerdì, Novembre 22
Notiziario

Gianluigi Torzi, il broker arrestato venerdì dalla Gendarmeria vaticana, si trova ora in una cella della caserma della Gendarmeria vaticana, accusato di peculato, truffa e autoriciclaggio. Ecco come il broker molisano è riuscito a ricattare la Santa Sede, riuscendo a incassare 15 milioni di euro.

Proseguono le indagini sulla compravendita da parte della Segreteria di Stato, dell’immobile londinese di Sloane Avenue, una transazione che sembra aver inghiottito in un buco nero oltre 300 milioni di euro della Santa Sede. Secondo i suoi legali, Gianluigi Torzi, il broker arrestato venerdì dalla Gendarmeria vaticana, “ha consentito alla Segreteria di Stato Vaticana di recuperare un prestigioso immobile londinese il cui ingente valore rischiava di essere disperso e successivamente ha evitato che lo stesso potesse prendere vie poco chiare”. Così gli avvocati Ambra Giovene e Marco Franco difendono il loro assistito, che ora si trova in custodia temporanea presso la Caserma della Gendarmeria vaticana.

La truffa ai danni della Santa Sede

La Segreteria di Stato Vaticana avrebbe acquistato l’edificio al civico 60 di Sloane Avenue nella capitale britannica a un prezzo triplicato rispetto al valore iniziale, perdendo così parecchio denaro. Ammonterebbe a una cifra di 15 milioni di euro la presunta estorsione contestata dai magistrati vaticani al broker molisano, attivo a Londra. A quanto si apprende, il finanziere sarebbe stato coinvolto dalla Santa Sede per uscire dallo stallo dell’investimento, fatto nel 2014, nel fondo Athena Capital Global Opportunities Fund dell’altro finanziere Raffaele Mincione, il quale, come è emerso in passato, ha utilizzato in parte risorse dell’Obolo di San Pietro, destinato alle opere di carità per i poveri. 

Il bisogno di uscire dal fondo Athena avrebbe portato poi la Segreteria a richiedere, alla fine del 2018, l’intermediazione della Gutt Sa di Gianluigi Torzi, per l’acquisizione del palazzo. Dopo il suo intervento la Santa Sede è costretta a sborsare 40 milioni di euro a Mincione come conguaglio, esborso che fa lievitare a 350 milioni il prezzo pagato dalla Segreteria di Stato, (tra investimento iniziale nel fondo, mutuo e conguaglio a Mincione), per ottenere la piena disponibilità del palazzo di Sloan Avenue. L’edificio era stato acquistato da una società di Mincione nel dicembre 2012 ad un valore di 129 milioni di sterline.

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Il passaggio di 15 milioni al broker molisano è finito tra le contestazioni dei pm vaticani, che addebitano a Torzi vari episodi di estorsione, peculato, truffa aggravata e autoriciclaggio. In pratica la Segreteria di Stato vaticano acquista dalla società intermediaria di Torzi, ‘Gutt Sa’, 30mila azioni al valore simbolico di un euro, al fine di entrare definitivamente in possesso dell’immobile. Il 22 novembre viene sottoscritto un contratto (share purchase agreement) con il quale la Segreteria di Stato acquista da Torzi 30mila azioni della ‘Gutt Sa’ al valore simbolico di un euro. Vengono effettuati i pagamenti previsti. Ma contestualmente, senza che la Segreteria di Stato ne sapesse nulla, Torzi modifica il capitale della società ‘Gutt Sa’ introducendo accanto alle 30mila azioni senza diritto di voto, altre mille azioni con diritto di voto, a lui intestate, che non facevano parte dell’impegno di cessione. In questo modo il broker continuava ad avere il pieno controllo sull’immobile e poteva continuare a fare pressioni al Vaticano, come avrebbe effettivamente fatto a partire dal dicembre 2018.

Dopo una lunga trattativa, tra la fine di aprile e gli inizi di maggio 2019, condotta da diversi soggetti per conto della Segreteria di Stato, Torzi ha accettato di cedere le quote della società detentrice dell’immobile di Londra, ricevendo il pagamento di 15 milioni di euro.

La svolta nelle indagini si è avuta dopo che le autorità svizzere hanno risposto favorevolmente alla richiesta di assistenza giudiziaria avanzata dalla Santa Sede, inviando un primo nucleo di documenti a fine aprile per via diplomatica, e bloccando anche fondi per decine di milioni di euro depositati in banche della Confederazione, tra cui il Credit Suisse.

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