Storie Web venerdì, Novembre 22
Notiziario

Nello spazio si generano continuamente valanghe di dati, importanti per curare il nostro pianeta, pensiamo ad esempio al sistema europeo Copernicus, i cui satelliti permettono di valutare la sostenibilità delle attività umane: conoscere con precisione la situazione come la si vede e misura dallo spazio è sempre più indispensabile. Avere una buona capacità computazionale a bordo del satellite permette di montare anche algoritmi complessi. Questo rende più intelligente, diciamo così, il satellite, ma rende soprattutto possibile dare servizi che prima non era neppure possibile pensare, come valutare le immagini, pre elaborarle per valutarle o per ottimizzare la trasmissione e anche prendere decisioni in funzione di quel che si osserva.

«È una sorta di puzzle che inizia a comporsi, i cui pezzi rappresentano il lavoro fatto in questi anni» dice Massimo Comparini, managing director space business unit di Leonardo. Si va quindi, verso la realizzazione di un sistema di calcolo distribuito e di un cloud, realizzato grazie a costellazioni di satelliti.

Dalle missioni spaziali alle previsioni

Se poi pensiamo al programma di ritorno alla Luna, Artemis, di Nasa e altri 33 Paesi, fra cui il nostro, allora per il 2035 avremo una ottantina di missioni Terra Luna, e forse una quindicina di astronauti al suolo lunare. Se riusciremo in questo intento, avremo un ambiente in cui si generano continuamente flussi di dati che non necessariamente devono essere trasmessi o portati a terra, posso essere elaborarti e valutati al volo per usarli localmente. «È un problema anche commerciale, se consideriamo la componente di cyber security: i ricercatori sulla Luna faranno scoperte, svilupperanno prodotti, registreranno brevetti. Bisognerà tutelarli» dice ancora Massimo Comparini.

Fino a pochi anni fa era impensabile pensare di avere questa capacità di calcolo e predittiva in orbita, e problemi per la verità ce ne sono ancora parecchi, per esempio quelli legati ai soliti raggi cosmici, i veri nemici della vita nello spazio, anche quella dei sistemi di calcolo. Le cpu che vanno nello spazio sono almeno un paio di generazioni più lente di quelle terrestri, per la necessità di ingegnerizzazione legate alla protezione dalle interferenze. Problema importante che si pensa di superare con la ridondanza, che poi è la filosofia introdotta da Starlink: se ho tanti esemplari simili in orbita e se ne guasta qualcuno posso funzionare perfettamente lo stesso. I costi dell’elettronica, che sono crollati, e la miniaturizzazione crescente ci permettono di ragionare in questi termini.

L’altro punto importante per formare un cloud è la trasmissione: i satelliti devono funzionare all’unisono e devono parlare ad altissima velocità, un punto su cui c’è parecchio da lavorare, anche se Starlink dichiara di essere in grado di avere comunicazioni da satellite a satellite a cento giga.

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