Storie Web venerdì, Dicembre 27
Notiziario

Philip Kotler, considerato il padre del marketing moderno diceva: «Le emozioni sono le leve principali che portano a una decisione d’acquisto. Le persone scelgono con il cuore e giustificano con la ragione».

Ed è questo il principio del marketing e della pubblicità anche oggi. Generare emozioni che spostano non solo l’attenzione ma attivano un ricordo che porta all’acquisto.

Oggi, più che mai, questo principio è valido. Le piattaforme di comunicazione, infatti, si sono moltiplicate e con esse i linguaggi, ma l’obiettivo rimane lo stesso. Attivare una emozione per – come si dice – spostare lo scaffale. C’è una tecnologia che da almeno 20 anni lavora proprio su questo. Si chiama Emotional Tracking. E’ una tecnologia che grazie alle telecamere dei nostri PC o dei nostri Smartphone, riesce ad osservare i movimenti del nostro volto. Le espressioni, i micromovimenti, i cambi di sguardo (grazie all’eye tracking) che si generano mentre guardiamo o ascoltiamo un messaggio pubblicitario. E’ una tecnologia che consente di rilevare e quindi interpretare le emozioni che si generano durante la fruizione di un contenuto. Oggi questa tecnologia che – fino ad ora – era lenta e macchinosa sta diventando sempre più importante ed efficace, grazie all’avvento dell’Intelligenza artificiale.

L’AI, infatti, sta intervenendo in due modi. Il primo è la velocità di calcolo e la moltiplicazione dei punti da osservare in un volto, avendo la capacità di distinguere volti diversi, inquadrature diverse, illuminazioni diverse. La seconda, invece, molto più complessa. Grazie al machine learning, infatti, l’Emotional Tracking impara quali emozioni sono più efficaci e come vengono attivate. Questo implica che l’emotional tracking che finora era utilizzato ex post per valutare i messaggi pubblicitari, somministrando un video ad un panel di persone,, diventa anche predittivo. L’acquisizione dei dati raccolti dai vari test ex post diventano il seme per predire quali siano le modalità per attivare le emozioni. Se lo strumento, in buona sostanza, era appannaggio della psicologia sperimentale ed era capace di velocizzazione i cosiddetti focus group per valutare la pubblicità, oggi diventa tool di marketing vero e proprio, capace di fornire informazioni ex ante e di condizionare, quindi, la progettazione e la costruzione dei messaggi e delle campagne di comunicazione. Dagli spot televisivi ai pack dei prodotti sugli scaffali.

Si tratta di un cambio di paradigma davvero consistente. Negli anni ‘70 Barilla chiede al sociologo Francesco Alberoni di collaborare alla costruzione della marca “Mulino Bianco”. Si trattava di creare un immaginario capace di trasmettere un senso di autenticità, natura e tradizione familiare. Alberoni suggerisce un mondo che rappresentasse il calore e la genuinità della vita rurale italiana, dove il mulino diventava simbolo di semplicità, purezza e valori tradizionali. Mulino Bianco, quindi, nasce dalla creatività dell’agenzia pubblicitaria e dalla consulenza del sociologo che immaginano che quest’idea sia in grado di muovere le emozioni necessarie per attrarre il consumatore. Ma oggi la tecnologia cambia tutto. Le macchine sono in grado di predire quali siano i messaggi, i luoghi, le parole e i suoni capaci di generare emozioni. E’ la macchina che diventa il consulente della brand. E’ la macchina che definisce il dove, il come e finanche il perché.

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