Storie Web mercoledì, Dicembre 24
Pannelli, è allarme Cbam. Costi in aumento del 10%

Aumenti del 10% circa dei costi di produzione che, inevitabilmente, ricadranno sui prezzi di vendita alle imprese clienti e ai consumatori finali. L’industria europea dei pannelli, come quella dell’agricoltura, è in allarme per l’entrata in vigore, a partire dal prossimo 1° gennaio, del Cbam (Carbon Border Adjustment Mechanism), ovvero la normativa Ue che introduce una tassa sulle importazioni di materie prime e semilavorati che, per essere prodotti, generano elevate quantità di CO2. Tra queste l’urea, un derivato del gas naturale utilizzato prevalentemente in agricoltura come fertilizzante (per l’85%), ma anche nell’industria come base per la produzione di colle.

Obiettivi e rischi del provvedimento

Si parla di questa normativa soprattutto in riferimento a settori come acciaio, alluminio o cemento, poiché nasce con l’obiettivo di tutelare le produzioni europee, sottoposte a regole stringenti di decarbonizzazione, incentivando anche i produttori extra-europei ad aumentare il ricorso a fonti rinnovabili o quantomeno riallineando la competitività sul fronte del prezzo. Il problema è che una norma nata per ragioni e con obiettivi condivisibili rischia di minare proprio quella competitività che vorrebbe tutelare, almeno per quanto riguarda alcune filiere, tra cui appunto quella dei pannelli in legno destinati alla produzione di mobili, soprattutto, e all’edilizia, che richiedono grandi quantità di urea per la realizzazione delle resine necessarie alla produzione dei pannelli stessi.

«Se questa normativa può avere effettivamente uno scopo di tutela per i produttori di materie prime di cui esistono in Europa importanti industrie, come acciaio, alluminio e cemento, nel caso dell’urea diventa un boomerang, perché dopo la crisi del gas del 2022 in Europa è quasi sparita la produzione di questo prodotto», spiega Paolo Fantoni, presidente di Assopannelli.

A rischio la competitività europea

Oggi la capacità produttiva europea di urea copre appena il 20% del fabbisogno delle filiere industriali che la utilizzano e la produzione, attualmente, non arriva al 10%. Il risultato è che «questi aumenti di costi si tradurranno in una minore competitività dei manufatti europei la cui produzione richiede di importare da Paesi extra-Ue le materie prime e i semilavorati su cui si applica il Cbam», aggiunge Fantoni. Tanto che le associazioni europee dei pannelli avevano fatto richiesta alla Commissione Ue di non applicare questa norma sull’urea a uso industriale dato che, a differenza dell’urea usata come fertilizzante, la CO2 non viene poi dispersa nell’ambiente, ma stoccata nei prodotti stessi, ma Bruxelles ha rifiutato la proposta.

«Si tratta dell’ennesimo provvedimento che ci mette in difficoltà, come Paese e come Europa, di fronte ai competitor extra-europei – osserva Paolo Fantoni -. Il Cbam riguarda infatti solo le materie prime e i semilavorati, ma non i prodotti finiti. Pertanto, i manufatti che, pur utilizzando urea, sono realizzati in Paesi terzi non saranno colpiti da questo balzello e, di conseguenza, potranno entrare in Europa senza portarsi dietro questi oneri che rendono l’industria europea sempre meno competitiva».

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