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Notiziario

Due mesi per far comunicare tutti i dettagli degli autovelox in Italia, dalla marca e il modello agli estremi di approvazione. È l’intervallo di tempo che, a fine settembre, il ministro dei Trasporti Matteo Salvini ha concesso ai Comuni per segnalare i rilevatori di velocità in uso. Il risultato è di 3.692 dispositivi censiti.

A cosa serviva il censimento?

L’obiettivo era di offrire un quadro trasparente sulla quantità e sulla posizione (anche se non tutti l’hanno indicata) degli autovelox. Da mesi, Salvini ha sollevato il caso, dicendo che in Italia ce ne sono troppi. «Il 10% degli apparecchi mondiali» diceva. «Sono circa undicimila» riportavano alcune rilevazioni.

Sono, invece, meno di quattromila. E se una persona dovesse ricevere una multa da un dispositivo non censito, potrà chiedere l’annullamento.

Cosa non ha risolto il censimento

Un aspetto, però, non è stato risolto. Cioè la procedura dell’omologazione, che insieme a quella dell’approvazione servono ad autorizzare un autovelox.

La seconda è di competenza del ministero dei Trasporti, mentre la prima resta una questione ancora irrisolta: l’iter e i criteri di omologazione non sono mai stati stabiliti e manca ancora il necessario decreto attuativo. Ecco perché, in Italia, nessun autovelox è formalmente omologato.

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