Storie Web mercoledì, Ottobre 22
Notiziario

Con l’introduzione di ChatGPT Atlas, OpenAI non si limita a lanciare un altro browser, ma inaugura un vero e proprio cambio di paradigma nella nostra interazione con la rete, trasformando l’atto solitario e intenzionale della navigazione in un dialogo continuo e assistito con l’intelligenza artificiale. Ci troviamo di fronte a un bivio epocale: la porta d’accesso all’informazione, prima gestita da motori di ricerca che ci offrivano una mappa da consultare, si sta evolvendo in un agente conversazionale che, memore delle nostre intenzioni e capace di agire per nostro conto, promette efficienza radicale in cambio di una potenziale, e forse inevitabile, delega della nostra autonomia cognitiva e della nostra curiosità esplorativa sul vasto oceano del web. Ne parliamo con Antonino Caffo, giornalista esperto di nuove tecnologie. 

Caffo, ChatGPT Atlas inaugura un’era in cui la navigazione stessa smette di essere un’azione e diventa una conversazione: stiamo assistendo alla fine dell’autonomia dell’utente o all’inizio di una nuova libertà cognitiva mediata dall’IA? 

L’introduzione di ChatGPT Atlas, che sposta la navigazione da un’azione diretta (digitare un URL, cliccare) a una conversazione con un agente IA, non è la fine dell’autonomia dell’utente, ma piuttosto l’inizio di una sua profonda ridefinizione. L’autonomia tradizionale era legata alla capacità di manovrare il mezzo (il browser) e di interpretare i dati grezzi (i risultati di una ricerca o una pagina web). Atlas non rimuove la capacità di scelta, ma sposta l’onere decisionale: invece di scegliere dove andare, l’utente sceglie cosa chiedere all’IA di fare per suo conto. ​Questa può essere interpretata come una nuova libertà cognitiva in quanto l’IA si assume il “carico cognitivo” di compiti meccanici (come riassumere, confrontare o agire su moduli), liberando l’utente per attività di ordine superiore, come l’analisi, la creatività o la decisione finale. Tuttavia, questa libertà è mediata e la sua qualità dipende interamente dalla trasparenza, dall’affidabilità e dalla neutralità dell’agente IA. L’autonomia non scompare, ma si concentra sulla supervisione e sulla formulazione della richiesta iniziale, delegando l’esecuzione. 

Se Google aveva trasformato il motore di ricerca in una porta d’accesso all’informazione, OpenAI ora trasforma il browser in un interlocutore: chi controllerà d’ora in avanti la semantica del web e la nostra relazione con i dati? 

OpenAI con Atlas punta a controllare la semantica dell’interazione (come i dati vengono interpretati, riassunti e utilizzati per compiere azioni). Google forniva la mappa, OpenAI fornisce la guida turistica che non solo indica i luoghi, ma li descrive, li confronta e a volte, li visita per conto nostro. 

La rimozione della barra degli indirizzi in Atlas elimina simbolicamente la bussola della rete, sostituendola con un dialogo costante con l’intelligenza artificiale. Quanto spazio rimane alla curiosità umana e alla scoperta casuale in un web “guidato”? 

La rimozione simbolica della “bussola” del web (la barra degli indirizzi come punto di riferimento assoluto) e la navigazione “guidata” dall’IA riducono indubbiamente lo spazio per la serendipità e la scoperta casuale. Lo spazio per la curiosità umana si sposta: non è più nell’esplorazione del percorso, ma nella capacità di formulare domande più creative e aperte all’IA stessa. La sfida per il design di Atlas sarà integrare meccanismi che, pur mantenendo l’efficienza, permettano all’utente di “rompere” il flusso guidato e chiedere all’agente di deviare, esplorare o introdurre elementi non richiesti, ripristinando una forma di serendipità algoritmica. 

Il modo agente promette velocità ed efficienza, ma introduce una delega radicale alle macchine. In quale punto la produttività si trasforma in dipendenza decisionale? 

La linea di demarcazione è il punto di revisione. Finché l’utente è attivamente chiamato a rivedere e approvare le azioni e le motivazioni dell’agente (come promesso nelle funzionalità di sicurezza di Atlas per le azioni sensibili), la produttività è salvaguardata. La dipendenza inizia quando la fiducia nell’agente è tale da rendere superflua la revisione, trasformando l’utente da decisore a mero autorizzatore automatico. 

L’integrazione tra memoria contestuale e navigazione personalizzata di Atlas offre una continuità d’esperienza inedita, ma anche un potenziale tracciamento totale delle nostre intenzioni digitali. La personalizzazione può ancora convivere con la privacy? 

Per sua natura, la personalizzazione richiede la raccolta e l’elaborazione di dati personali, rendendo la sua convivenza con la privacy una questione di trasparenza e controllo granulare. ​Il potenziale di tracciamento totale delle intenzioni digitali è massimo, poiché l’agente non solo registra le pagine visitate (come un browser tradizionale), ma anche cosa l’utente voleva fare su quella pagina (la conversazione, le prompt), creando un profilo di intenzioni molto più ricco. 

In definitiva Caffo, con Atlas, OpenAI entra nel territorio che più di ogni altro ha plasmato l’ecosistema dell’informazione – quello dei browser. È l’inizio di una sfida tecnologica, o di una nuova egemonia cognitiva dell’intelligenza artificiale sulle forme della conoscenza online? 

È una sfida diretta a Google, introducendo un nuovo paradigma interattivo (agent-first) che spinge la concorrenza a innovare oltre il semplice rendering delle pagine. Si tratta di una guerra di interfaccia utente e di capacità degli agenti, non solo di velocità di caricamento. Il vero obiettivo è intermediare la relazione tra l’utente e l’informazione online. Chi controlla il browser, controlla il flusso e la forma in cui la conoscenza viene consumata e creata. Se gli utenti si abituano a ricevere risposte già sintetizzate e azioni già eseguite dall’IA di Atlas, questa interfaccia diventa il filtro principale della realtà digitale. Questo crea un’egemonia cognitiva in cui la percezione, la comprensione e l’azione sul web sono plasmate dalla logica e dai bias del modello linguistico di OpenAI. Atlas non è solo un nuovo strumento, ma un manifesto su come sarà la prossima generazione di accesso al web: più veloce, più efficiente, ma anche più filtrata e mediata da un assistente intelligente. La posta in gioco non è la velocità di caricamento delle pagine, ma la natura stessa della nostra esperienza di conoscenza nell’era digitale.

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