«Comprare, ammassare, consumare, non basta. Abbiamo bisogno di alzare gli occhi, di guardare in alto, alle «cose di lassù», dice Leone XIV rivolto al milione e più di giovani a Tor Vergata. L’omelia della messa conclusiva del Giubileo dei Giovani è tutta rivolta all’essenza della sfida interiore del nostro tempo, e richiama molto anche i messaggi del predecessore Francesco e anche richiami a Giovanni Paolo II, e molti dei passaggi sono citazioni dalla sacre scritture. «La pienezza della nostra esistenza non dipende da ciò che accumuliamo né, come abbiamo sentito nel Vangelo, da ciò che possediamo, è legata piuttosto a ciò che con gioia sappiamo accogliere e condividere», dice Leone. Alzare lo sguardo – ripete ai giovani – è necessario «per renderci conto che tutto ha senso, tra le realtà del mondo, solo nella misura in cui serve a unirci a Dio e ai fratelli nella carità, facendo crescere in noi «sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità», di perdono, di pace, come quelli di Cristo. E in questo orizzonte comprenderemo sempre meglio cosa significhi che «la speranza […] non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato».
«Non siamo fatti per una vita dove tutto è scontata, ma per un’esistenza che si rigenera»
«Noi pure, cari amici, siamo fatti così: siamo fatti per questo. Non per una vita dove tutto è scontato e fermo, ma per un’esistenza che si rigenera costantemente nel dono, nell’amore. E così aspiriamo continuamente a un “di più” che nessuna realtà creata ci può dare; sentiamo una sete grande e bruciante a tal punto, che nessuna bevanda di questo mondo la può estinguere», ha detto il Papa. «Di fronte ad essa, non inganniamo il nostro cuore, cercando di spegnerla con surrogati inefficaci! Ascoltiamola, piuttosto! Facciamone uno sgabello su cui salire per affacciarci, come bambini, in punta di piedi, alla finestra dell’incontro con Dio. Ci troveremo di fronte a Lui, che ci aspetta, anzi che bussa gentilmente al vetro della nostra anima. Ed è bello, anche a vent’anni, spalancargli il cuore, permettergli di entrare, per poi avventurarci con Lui verso gli spazi eterni dell’infinito».
Il richiamo alle parole di Sant’Agostino e a Francesco nelle giornate mondiali dei giovani
E forte è un richiamo a Sant’Agostino – di cui parla con citazioni in particolare dalle Confessioni – che parlando della sua intensa ricerca di Dio, si chiedeva: «Qual è allora l’oggetto della nostra speranza ? È la terra? No. Qualcosa che deriva dalla terra, come l’oro, l’argento, l’albero, la messe, l’acqua […]? Queste cose piacciono, sono belle queste cose, sono buone queste cose». E concludeva: «Ricerca chi le ha fatte, egli è la tua speranza» (ibid.). Pensando, poi, al cammino che aveva percorso, pregava dicendo: «Tu [Signore] eri dentro di me e io fuori. Lì ti cercavo. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete mi toccasti, e arsi di desiderio della tua pace».
E aggiunge ricordando quanto Francesco diceva a Lisbona, durante la Giornata Mondiale della Gioventù, ad altri giovani come quelli di oggi a Tor Vergata: «Ognuno è chiamato a confrontarsi con grandi domande che non hanno una risposta semplicistica o immediata, ma invitano a compiere un viaggio, a superare sé stessi, ad andare oltre […], a un decollo senza il quale non c’è volo. Non allarmiamoci allora se ci troviamo interiormente assetati, inquieti, incompiuti, desiderosi di senso e di futuro. Non siamo malati, siamo vivi!»
«Tornando nei vostri paesi contagiate chiunque con il vostro entusiasmo»
«Carissimi giovani» dice Leone rivolto alla marea di Papaboys arrivati a Tor Vergata da 147 paesi, «la nostra speranza è Gesù. È Lui, come diceva San Giovanni Paolo II, che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande […], per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna. Teniamoci uniti a Lui, rimaniamo nella sua amicizia, sempre, coltivandola con la preghiera, l’adorazione, la Comunione eucaristica, la Confessione frequente, la carità generosa, come ci hanno insegnato i beati Piergiorgio Frassati e Carlo Acutis, che presto saranno proclamati Santi. Aspirate a cose grandi, alla santità, ovunque siate. Non accontentatevi di meno. Allora vedrete crescere ogni giorno, in voi e attorno a voi, la luce del Vangelo». E aggiunge: «Tornando nei prossimi giorni ai vostri Paesi, in tutte le parti del mondo, continuate a camminare con gioia sulle orme del Salvatore, e contagiate chiunque incontrate col vostro entusiasmo e con la testimonianza della vostra fede! Buon cammino!».