Storie Web sabato, Agosto 2
Notiziario

In quest’epoca di incertezza per tutta l’industria, un’azienda che chiude un semestre con un segno positivo è rara, ma una in grado di farlo in aumento di due cifre è quasi un miraggio. Eppure, è +10,5% la percentuale di crescita registrata nella prima metà dell’anno da Santoni, l’azienda di calzature di Corridonia, nel cuore del distretto delle Marche: un traguardo importante nell’anno del suo cinquantenario, che prevede di chiudere a 133 milioni, in aumento rispetto ai 120 del 2024.

Con un understatement che lo porta a minimizzare, pur non celando la soddisfazione, il presidente esecutivo Giuseppe Santoni, figlio del fondatore dell’azienda, nota che «un fatturato può crescere del 10%, dell’8%, del 5%, ma si tratta di cifre scaturite da situazioni, contingenze di mercato. I nostri risultati, invece, vengono da lontano, da un lavoro che dura da 50 anni. Non abbiamo una formula magica, ma un preciso impegno: non prendere in giro i clienti, offrire loro un prodotto intelligente con un prezzo intelligente, con una manifattura intelligente, direi anche una qualità intelligente. Con questi valori esprimiamo in fin dei conti anche il rispetto per il cliente, che sente di dover pagare non per il brand, ma per il prodotto».

Anche nell’usare il termine “lusso”, pur se si tratta dell’universo al quale la sua azienda appartiene, Giuseppe Santoni è più che parco: «La trovo una parola discriminatoria. Noi creiamo bellezza, è diverso. La bellezza probabilmente è una questione di cultura, perché per creare bellezza serve cultura, e la cultura non la compri, ti devi preparare, devi averci lavorato, devi averci creduto, devi partire da lontano, come dicevo».

Nel suo mezzo secolo di vita l’azienda è anche arrivata lontano: oggi l’export tocca l’82%, con gli Stati Uniti primo mercato con una quota del 20%. È lì che Santoni ha investito con la relocation della boutique di New York, su Madison Avenue, la scorsa primavera, che nei primi sei mesi dell’anno ha registrato un aumento del giro d’affari del 45%. Ma su questi dati, come sul +48% del negozio di Miami, si stende l’ombra dei dazi: «Se si prosegue con i dazi non sono certo che riusciremo a mantenere questa crescita fino a fine anno. C’è poi un altro elemento che sta pesando, cioè la debolezza del dollaro, che rende ancora più cari i prodotti europei. Insomma, il differenziale di prezzo rischia di raggiungere il 30%. Fare previsioni, lo ripeto, è difficile, ma di una cosa sono certo: noi abbiamo lavorato bene e stiamo lavorando bene, per continuare a fare bene e a crescere». Come molte altre aziende anche Santoni si guarda intorno: «In tutto il mondo si nasce con i piedi, dunque per noi le opportunità sono ovunque – nota sorridendo -. Siamo presenti in Asia, dal Giappone ai Paesi del sud-est, di meno in Cina. In Medio Oriente stiamo lavorando molto bene. Stiamo aprendo negozi in Qatar, al Cairo, ma anche ad Almaty e Tbilisi. E guardiamo con interesse anche il Messico e la Turchia».

A sostenere la formula Santoni è anche il nuovo concept dei suoi negozi, luoghi dove ricreare colori e sensazioni delle Marche, in un’atmosfera intima dove il cliente si sente conosciuto e seguito: i ricavi della rete diretta di Santoni sono cresciuti del 46%, «ma non lasciamo il canale B2B – sottolinea l’imprenditore -. Tuttavia, anche nei nostri corner e franchising inseriamo delle persone che siano a contatto con il cliente per spiegare il prodotto, creando un legame autentico con l’azienda».

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