Storie Web sabato, Agosto 2
Notiziario

«Uno Stato membro non può includere nell’elenco dei Paesi di origine sicuri” un Paese che “non offra una protezione sufficiente a tutta la sua popolazione». Lo stabilisce la Corte di giustizia Ue nella sentenza sul protocollo Italia-Albania e la definizione di Paese d’origine sicuro. La Corte precisa che questa condizione è valida fino all’entrata in vigore del nuovo regolamento Ue, «che consente di effettuare designazioni con eccezioni per alcune categorie chiaramente identificabili di persone», atteso il 12 giugno 2026. Tuttavia, «il legislatore Ue può anticipare la data».

Corte Ue, giudici devono poter valutare scelta Paesi sicuri

Lo Corte stabilisce anche che un Paese Ue «può designare Paesi d’origine sicuri mediante atto legislativo, a patto che tale designazione possa essere oggetto di un controllo giurisdizionale effettivo».

Il ricorso del Tribunale di Roma

La Corte Ue si è espressa su richiesta del Tribunale di Roma, che finora non ha riconosciuto la legittimità dei fermi disposti nei confronti dei migranti soccorsi nel Mediterraneo e trasferiti nei Cpr in Albania perché provenienti da Paesi ritenuti sicuri dal governo italiano, in particolare Egitto e Bangladesh.

La definizione di Paese sicuro

Il nodo centrale riguarda la definizione e dell’applicazione del concetto di ’Paese terzo sicuro’ nell’ambito delle procedure accelerate per l’esame delle richieste d’asilo. I Paesi Ue possono esaminare più rapidamente le domande di protezione internazionale, anche alla frontiera, se provengono da cittadini di Paesi considerati sufficientemente sicuri e – ricordano i giudici di Lussemburgo -, da ottobre 2024, in Italia, la lista dei cosiddetti Paesi di origine sicuri viene stabilita con un atto legislativo. Tra questi figura anche il Bangladesh, spiega la Corte Ue, ricostruendo i fatti all’origine di due ricorsi presentati dai migranti al Tribunale di Roma. Il giudice italiano aveva sollevato dubbi sulla nuova legge italiana, che non indica le fonti usate per valutare la sicurezza del Paese, sostenendo che questo limita sia il diritto dei richiedenti di contestare la decisione, sia quello dei giudici di verificarne la legittimità, in quanto non è possibile valutare l’affidabilità e l’aggiornamento delle informazioni su cui si basa la presunzione di sicurezza.

La necessità di una «tutela legale effettiva»

Il diritto Ue, si legge nella sentenza, non vieta che a un Paese Ue di designare un Paese terzo come Paese d’origine sicuro tramite atto legislativo, “a condizione che tale decisione possa essere sottoposta a un controllo giurisdizionale effettivo”. Questa garanzia è particolarmente importante quando un cittadino di quel Paese fa ricorso contro il rifiuto della sua domanda di protezione internazionale, respinta con procedura accelerata. La Corte Ue precisa inoltre che le fonti su cui si basa la designazione devono essere «sufficientemente accessibili sia al richiedente che al giudice», per garantire «una tutela legale effettiva». Il giudice può usare anche informazioni da lui stesso raccolte, purché ne verifichi l’affidabilità e permetta a entrambe le parti del procedimento di commentarle

Condividere.
© 2025 Mahalsa Italia. Tutti i diritti riservati.