Un gruppo di turiste visita il Museo Nazionale di Kabul. La guida è una donna: Somaya Moniry, 24 anni. In un Paese che impone alle donne le restrizioni più severe al mondo, il solo fatto che guidi un tour è una sfida silenziosa ma potente. Somaya non sapeva nemmeno che quella di guida turistica potesse essere una professione. L’ha scoperto per caso, cercando online un modo per migliorare l’inglese. Da lì, l’incontro con i primi viaggiatori stranieri e la voglia di mostrare il suo Paese anche a se stessa. “L’Afghanistan ha tanti problemi, ma anche un’altra faccia”, racconta. Il suo obiettivo? Cambiare, un passo alla volta, la percezione del suo Paese. Tra le partecipanti c’è Suzanne Sandral, australiana, 82 anni, che sognava questo viaggio dagli anni ’60. Come lei, pochi stranieri tornano oggi in Afghanistan, attratti da una meta fragile ma unica. Il turismo, seppur agli inizi, è incoraggiato dal governo talebano, che facilita i visti e promuove i voli internazionali.
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