Storie Web venerdì, Luglio 4
Notiziario

«Otto italiani su 10 sono spaventati dal web anche perché non si conoscono i tanti strumenti messi in campo per proteggersi e sviluppare senso critico. La base non può che essere la scuola: il patentino digitale di Agcom, in linea con il ministero dell’Istruzione, serve anche a questo», dichiara Massimiliano Capitanio Commissario Agcom.

Famiglie alla prova

Nel caos digitale, le famiglie provano a mettere ordine. Otto su dieci impongono regole sull’uso di Internet ai figli. Alcuni – pochi – impongono il divieto assoluto. Ma il resto si muove tra limiti d’orario, parental control, co-visioni più o meno spontanee. Il problema? Non tutte le famiglie sono uguali. Quelle con genitori over 45 e laureati sono più propense a una mediazione attiva, fatta di spiegazioni e controlli. I giovani genitori con un basso titolo di studio, invece, preferiscono tagliare corto: divieti, restrizioni, silenzio. Ma il silenzio, nel digitale, è un alleato del pericolo.

La mancanza di spirito critico

L’80% degli italiani consuma media mentre mangia. Sembra un dettaglio, ma racconta una cosa precisa: la fruizione dei contenuti è onnipresente, indistinta, mescolata alla vita reale. E se i più giovani stanno sui social, i più grandi si informano (si fa per dire) online. Peccato che solo un italiano su tre controlli davvero le fonti delle notizie. Più il titolo di studio sale, più cresce anche il controllo critico. Ma per il resto, la regola è semplice: si clicca, si legge il titolo, si condivide. Punto.

La lunga ombra del revenge porn

Tra i dati più inquietanti c’è l’esposizione alla pornografia non consensuale. Non è una marginalità, è una realtà. Il revenge porn – la condivisione di immagini intime senza consenso – è ormai una presenza concreta nella vita di molti. E non è solo una questione di contenuti, ma di cultura: quella del possesso, del ricatto, della vendetta digitale. Dove il corpo diventa un’arma e la rete un tribunale senza giudici.

Il contrasto c’è, ma non basta

La buona notizia è che oltre l’80% degli italiani, di fronte a contenuti pericolosi, fa qualcosa. Smette di seguire il canale, cambia piattaforma, segnala. Ma pochi – pochissimi – fanno l’unica cosa davvero efficace: verificare la fonte. È l’azione più semplice e più rivoluzionaria, ma resta ancora minoritaria. Nel frattempo, la consapevolezza cresce. Ma troppo lentamente rispetto alla velocità dei contenuti. E mentre le piattaforme perfezionano i loro algoritmi e la realtà diventa sempre più mediatica, l’Italia rischia di restare spettatrice. Di sé stessa, e delle proprie paure digitali.

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