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Notiziario

Un giudice federale di Washington ha bloccato la norma voluta da Donald Trump per negare in modo generalizzato l’asilo a chi attraversa il confine sud degli Stati Uniti. Con una sentenza di 128 pagine, Randolph D. Moss ha bocciato la misura introdotta dal tycoon il primo giorno del suo mandato, ribadendo che né la Costituzione né le leggi federali attribuiscono al presidente poteri così estesi da consentirgli di scavalcare le norme approvate dal Congresso.

La decisione nasce dal proclama presidenziale intitolato “Garantire la protezione degli Stati contro l’invasione”, con cui Trump aveva di fatto chiuso le porte ai richiedenti asilo al confine sud, sospendendo l’accoglienza dei rifugiati e aggirando le procedure previste dall’“Immigration and Nationality Act”. L’ordine aveva bloccato la possibilità di presentare domanda di asilo per persone in fuga da persecuzioni o torture, mentre l’amministrazione si muoveva per sospendere anche programmi di protezione temporanea concessi a gruppi vulnerabili.

Secondo le associazioni per i diritti dei migranti che hanno promosso la causa, l’azione di Trump rappresentava un’espropriazione dei poteri del Congresso in materia di immigrazione, in contrasto con lo stesso statuto federale. Nella loro denuncia, i legali hanno sottolineato come il governo stesse restituendo richiedenti asilo – adulti soli e famiglie – a Paesi in cui rischiavano persecuzioni o torture, violando le tutele previste dal diritto americano. I documenti presentati in aula raccontano di migranti provenienti da Paesi come Afghanistan, Cuba, Egitto, Perù e Turchia, alcuni dei quali sottoposti a torture tradizionali dalle autorità locali.

Il giudice Moss ha riconosciuto le difficoltà dell’esecutivo nell’affrontare l’immigrazione irregolare e il massiccio arretrato di pratiche d’asilo, ma ha ricordato che “né la Costituzione né le attuali leggi possono essere interpretate come se concedessero al presidente o ai suoi delegati l’autorità di creare un sistema alternativo che sostituisce le disposizioni varate dal Congresso”. Ha quindi stabilito che la presidenza non può agire come se un’ipotetica “invasione” consentisse di ignorare la legge e ha certificato come “classe” i richiedenti asilo coinvolti nella causa, garantendo l’applicazione della sentenza a tutti coloro che si trovano negli Stati Uniti e sono interessati dalla politica contestata.

La Casa Bianca ha immediatamente presentato ricorso, sostenendo che la decisione del giudice rappresenti un tentativo di aggirare un recente pronunciamento della Corte Suprema che limita la possibilità di giudici singoli di emettere ingiunzioni valide su scala nazionale. Stephen Miller, consigliere di Trump e principale ideatore delle politiche migratorie, ha definito la sentenza un mezzo per “carteggiare un’intera classe globale con il diritto di essere ammessa negli Stati Uniti”, accusando il tribunale di aver voluto “circumventare la volontà della Corte Suprema”.

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