Il centro-destra accelera sul fine vita che a meno di sorprese comincerà ufficialmente stamattina (mercoledì 2 luglio) in Senato il suo percorso parlamentare proprio quando la premier Giorgia Meloni incontrerà per la prima volta in udienza Papa Leone XIV e subito dopo il segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin. Con i temi etici – in primis proprio la nuova legge sul suicidio assistito – insieme ai conflitti internazionali che saranno al centro di questo incontro nel quale la premier oltre a ribadire tutto l’impegno a favore della pace rassicurerà il Vaticano sul fatto che non ci saranno fughe in avanti verso l’eutanasia. Ieri sera il comitato ristretto delle commissioni Giustizia e Affari sociali ha infatti rivisto il disegno di legge che potrebbe approdare nell’aula del Senato il 17 luglio.
Il testo a cui hanno lavorato i due relatori Pierantonio Zanettin (Fi) e Ignazio Zullo (Fdi) è stato in parte corretto come chiesto dalle opposizioni riducendo a esempio a 180 giorni il termine inizialmente di quattro anni per poter chiedere al nuovissimo «Comitato nazionale di valutazione» di 7 membri – composto da giurista, bioeticista, anestesista, palliativista, psichiatra, psicologo e infermiere – nominato da Palazzo Chigi di accedere al trattamento se la prima domanda è stata rifiutata. Ma sugli altri fronti il nuovo testo rischia di scatenare uno duro scontro con le opposizioni da settimane sul piede di guerra. Tra i nodi più complessi c’è il ruolo del Servizio sanitario nazionale: per il centrodestra il suicidio assistito non può diventare una prestazione erogata dal Ssn. E infatti il Ddl recita che «il personale in servizio, le strumentazioni e i farmaci, di cui dispone a qualsiasi titolo il Sistema Sanitario Nazionale non possono essere impiegati al fine della agevolazione del proposito di fine vita». Questo significa che se il malato terminale si trova in un ospedale o in una Rsa pubblica potrà accedere al suicidio assistito – sempre se autorizzato dal Comitato – ad una condizione: che il paziente si attrezzi da solo con il “fai da te” pagandosi strumentazione, farmaco letale e medico (che potrà anche essere del Ssn, ma in “extra-orario”), a meno che non trovi “ospitalità” nelle strutture private. Insomma il percorso del fine vita negli ospedali pubblici rischia di diventare praticamente impossibile.
L’altro punto cruciale è quello delle cure palliative che dovranno essere sempre rese disponibili (anche se non potranno essere obbligatorie) e lì dove le Regioni non sono ancora attrezzate – almeno metà sono in ritardo nella disponibilità di queste terapie – potranno scattare “poteri sostitutivi” con la nomina da parte del Governo, in caso di assenza di un piano regionale di «un commissario ad acta sino al raggiungimento dello standard» di assistenza. Non solo: «Qualora la Regione non abbia ottenuto gli obiettivi di potenziamento delle cure palliative fissati nel progetto presentato per l’anno precedente il ministro della Salute – si legga nella bozza – assegna un termine non superiore a sei mesi per il raggiungimento degli stessi». Il testo introduce poi un nuovo articolo del codice penale sul suicidio assistito che ribadisce come «non sia punibile» se il «proposito» si è formato «in modo libero, autonomo e consapevole» e se la persona è «inserita nel percorso di cure palliative, tenuta in vita da trattamenti sostitutivi di funzioni vitali e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche intollerabili, ma pienamente capace di intendere e di volere». Finora solo pochi malati hanno potuto accedervi in linea con le condizioni poste dalla Corte costituzionale, mentre ieri Martina Oppelli, la donna di 49 anni affetta da venti anni da sclerosi multipl ha presentato una nuova opposizione dopo il terzo diniego della sua Asl perché non avrebbe alcun trattamento di sostegno vitale in corso.