Storie Web sabato, Giugno 21
Notiziario

In un momento tra i più critici dalla nascita della Repubblica Islamica, la guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei, ha adottato misure straordinarie per proteggersi e garantire la sopravvivenza del regime. Da giorni si trova nascosto in un bunker, ha sospeso le comunicazioni elettroniche con i suoi comandanti e trasmette gli ordini solo tramite un collaboratore di fiducia. La decisione arriva dopo gli attacchi a sorpresa condotti da Israele, i più violenti mai subiti dall’Iran dai tempi della guerra contro l’Iraq negli anni ’80.

Secondo fonti iraniane vicine ai piani d’emergenza sentite dal New York Times, Khamenei avrebbe già designato tre alti religiosi come potenziali successori, nel caso venga ucciso. Ha poi predisposto una catena di sostituzioni nei vertici militari per reagire all’eliminazione di numerosi alti ufficiali, alcuni colpiti nei loro appartamenti, altri durante riunioni operative. Nessuno è al sicuro, nemmeno il vertice.

Il clima nella capitale è teso. Teheran è stata colpita con intensità devastante: infrastrutture energetiche, basi militari, impianti nucleari e persino residenze civili sono stati bersaglio di missili. Le autorità denunciano centinaia di morti e migliaia di feriti. Ma l’emergenza si estende anche al piano interno: l’intelligence teme infiltrazioni israeliane sul suolo iraniano. Per questo, il ministero dell’Informazione ha imposto rigide misure di sicurezza, obbligando funzionari e comandanti a rimanere sottoterra e vietando l’uso di telefoni cellulari e dispositivi connessi.

La popolazione, colpita e spaventata, sta reagendo con un’ondata di solidarietà. A Teheran, alberghi e sale per cerimonie si sono trasformati in rifugi gratuiti, gli psicologi offrono terapie online e nei panifici si razionano spontaneamente le scorte di pane per aiutare chi è in difficoltà. Sui social, anche figure critiche verso il regime – artisti, atleti, attivisti – esprimono un senso di unità nazionale senza precedenti.

Khamenei, 86 anni, ha lanciato due messaggi pubblici registrati, in cui ribadisce che l’Iran “non si arrenderà a una guerra imposta”. Ma nel frattempo ha chiesto all’Assemblea degli Esperti di prepararsi a una transizione immediata in caso di sua morte. Di suo figlio Mojtaba, spesso citato come possibile erede, non c’è traccia tra i candidati indicati. E l’ex presidente Raisi, considerato in passato un papabile, è deceduto nel 2024.

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