Storie Web domenica, Giugno 8
Notiziario

Burgez, nato per essere il cattivo del fast food italiano, ha fatto dell’irriverenza il suo core business. “Mangiare Burgez nuoce gravemente alla salute”, “Ti fa schifo? Buono, vuol dire che è nostro”. A qualcuno ha fatto ridere, a molti ha fatto discutere, ma a tutti ha fatto parlare.

Burgez nasce nel 2015 da un’illuminazione mistica (e un po’ romanzata) tra il fondatore Simone Ciarruffoli e un senzatetto a New York. Da lì il panino si “smasha”, la comunicazione è virale e il brand si espande. Milano, Roma, Bologna: locali ovunque, fino a fatturare quasi 12 milioni di euro nel 2022, ma con una perdita di € -2.401.442.
Burgez non ha fatto scuola nel marketing irriverente. Diciamo che a scuola non ci è mai andato. Ha giocato a fare il ribelle, il nerd del panino, quello che ti vende un cheeseburger e ti prende pure in giro. E finché sei piccolo, funziona.

Sei il burger bullo che sfida McDonald’s a colpi di meme e valanghe di salse. Ma poi cresci. Diventi leader nella tua nicchia (smash burger in Italia) e da lì in poi non puoi più fare solo marketing da outsider. Burgez non ha capito il cambio di fase: da lancio a mantenimento.
Ha continuato a fare guerrilla marketing, a creare polemiche e a ottenere visibilità. Finte denunce di sfruttamento dentro i sacchetti dei panini? Polemica. Magliette sul “vero doggy style” per la festa della donna? Polemica.

La provocazione come unico linguaggio funziona e a me piace, ma quando diventa sistema, diventa rumore. E con il rumore nessuno riesce più a comunicare e non si crea una relazione. Sui social i brand diventano delle persone, e se non vengono condivisi dei valori, se non vengono sposate delle battaglie, non si crea una relazione con gli utenti. Possiamo attirare l’attenzione facendo tanto rumore e possiamo farci conoscere da tantissimi utenti andando virali, ma solo la condivisione di ideali crea un legame.

Burgez è stato descritto in questi anni anche come un successo social, ma se consideriamo il numero di follower attuali: 94.894 e l’engagement rate medio sviluppato, 0,05% (metrica che misura quanto un pubblico interagisce con i contenuti di un profilo social), e una media di 43 like a post, capiamo che sono tutti utenti che conoscono il brand, ma non sono in relazione con esso, non sono coinvolti e forse non lo sono mai stati. Erano solo impressionati.

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