Nelle ambizioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza le misure per il diritto allo studio dovrebbero da un lato ampliare l’accesso all’università degli studenti meritevoli e bisognosi, dall’altro superare il gap con gli altri Paesi Ue nel numero di dottorati di ricerca conseguiti in Italia, oggi tra i più bassi nell’Unione europea: secondo le statistiche armonizzate di Eurostat, riportate dal documento del Pnrr del 2021, in Italia soltanto una persona su mille nella fascia di età da 25 a 34 anni completa ogni anno un corso di dottorato, rispetto a una media Ue di 1,5 (2,1 in Germania).
Nascono con la volontà di colmare i ritardi gli investimenti dedicati nell’ambito della Missione 4, che finanziano l’incremento delle borse di studio e dei cosiddetti dottorati «innovativi». Un filone, quest’ultimo, che corre lungo un doppio binario. Alcuni dottorati innovativi puntano a spingere l’efficacia delle azioni delle amministrazioni pubbliche, incidendo sulla quota di personale con alte specializzazioni nelle materie Stem, e l’efficientamento della gestione e dello sviluppo del patrimonio culturale del Paese. Altri scommettono sulla risposta ai fabbisogni di innovazione delle imprese.
Addentrarsi nel Pnrr del diritto allo studio significa oggi viaggiare attraverso una galassia di 2.569 progetti – 1.785 borse di dottorato che cubano 385,57 milioni e 784 borse di studio universitarie da 2,31 miliardi – con un tratto distintivo: gli operatori privati e le imprese “firmano” pochissimi interventi (325, il 12,65% del totale) ma fanno la parte del leone dal punto di vista dei finanziamenti, con 1,435 miliardi assegnati sui 2,696 miliardi complessivi (il 53,3 per cento). Il quadro si ribalta guardando ai soggetti attuatori pubblici: enti vari e organismi di categoria sono destinatari dell’87,12% dei progetti (ben 2.238 progetti) e del 45,91% dei fondi comunitari (1,237 miliardi); le Regioni contano sei iniziative (lo 0,23%) per 23,25 milioni.
Le cifre elaborate per questa nuova puntata del Pnrr delle cose, l’iniziativa condotta dal Sole 24 Ore con Ifel (l’Istituto per la finanza e l’economia locale dell’Associazione nazionale dei Comuni) per indagare le ricadute concrete degli investimenti del Piano sulla vita di cittadini e comunità, mostrano un panorama ancora tutto in divenire dal punto di vista dell’attuazione. Appena il 3,63% dei progetti (93 in valore assoluto, per 119,23 milioni), infatti, risulta concluso, cioè arrivato al collaudo. Il 44,18% (1.135 iniziative da 1,044 milioni) è in via di realizzazione. In fase di appalto, invece, sono 1.341 progetti per un ammontare di risorse pari a 1,532 miliardi: significa che il 52,2% del totale delle iniziative, che assorbe il 56,83% della torta dal punto di vista finanziario, a quattro anni dall’avvio del Piano attende la predisposizione del bando o la pubblicazione della gara.
Geograficamente, la Lombardia fa la parte del leone: coagula il 18,2% dei 2.319 progetti calcolati al netto di quelli a valenza nazionale (257 dottorati e 167 borse di studio universitarie) e il 13,8% dei fondi (327,35 milioni su 2,371 miliardi). Merito soprattutto di Milano, che vince la medaglia d’oro per il massimo finanziato in termini provinciali (252,28 milioni). Per intendersi, poco meno dell’intera Emilia-Romagna (299 milioni) e della Campania (278,49 milioni) e più di quanto ricevono tutte le altre regioni: il Lazio, che pure è al secondo posto per numero degli interventi (il 9,57% con 166 dottorati e 56 borse universitarie), ottiene 176,73 milioni (il 7,45% dei fondi complessivi). Non sorprende, dunque, che il Nord assorba il 47,13% dei progetti e il 44,92% delle risorse. Sud e Isole insieme totalizzano il 31,83% degli interventi e il 37,63% dei fondi. Merito in particolare di Campania e Puglia.