Secondo Jurij Ushakov, consigliere di Vladimir Putin per gli Affari Esteri, sull’incontro avvenuto venerdì al Cremlino ha influito positivamente l’80° anniversario di un altro ritrovo: quello tra le truppe americane e sovietiche sull’Elba, il 25 aprile 1945. Il confronto di tre ore tra Vladimir Putin e Steve Witkoff – l’inviato di Donald Trump alla quarta visita in Russia in poche settimane – è stato «costruttivo e molto utile» per avvicinare ulteriormente le posizioni di Mosca e Washington su diversi fronti internazionali e sull’Ucraina. E qui, soprattutto, Ushakov ha lasciato intravedere un passo avanti: «La discussione – ha detto – si è concentrata in particolare sulla possibilità di riprendere negoziati diretti tra rappresentanti della Federazione Russa e dell’Ucraina».
Le parole di Ushakov si potrebbero ricollegare alle aperture espresse nei giorni scorsi sia da Putin che da Volodymyr Zelensky, disposto a trattare con i russi in seguito all’entrata in vigore di un cessate il fuoco credibile. Con il fallimento dei primi negoziati diretti tra russi e ucraini, dopo l’invasione del febbraio 2022, nell’ottobre successivo Zelensky proibì per decreto di negoziare con il presidente russo: rispondendo così all’annessione unilaterale alla Federazione Russa delle quattro regioni ucraine parzialmente occupate.
Sul tavolo di una futura trattativa, i negoziatori russi e ucraini dovrebbero ritrovare le due versioni del cosiddetto “piano di pace Trump”: quella americana, che legittima buona parte delle richieste russe a partire dal riconoscimento formale americano della Crimea e dalla chiusura della Nato a Kiev, e quella con le controproposte ucraine ed europee. Che rimanda a un negoziato futuro la discussione sulle questioni più controverse, fissando come primo passo essenziale un cessate il fuoco totale e incondizionato.
I testi integrali delle due ipotesi di accordo sono stati pubblicati dall’agenzia Reuters, ed evidenziano la notevole distanza che i negoziatori saranno chiamati a ridurre nei vari ambiti, dalle garanzie per la sicurezza dell’Ucraina alle sanzioni e al rimborso dei danni di guerra. La questione territoriale resta però al centro delle controversie: e qui in prima linea è sempre la Crimea, che ieri in un’intervista a Time Magazine Trump ha affermato che «resterà alla Russia, e questo Zelensky lo capisce».
Riconoscere la sovranità russa sulla Crimea, ripetono invece gli ucraini, è una violazione della Costituzione ma anche delle leggi internazionali sulla protezione dei confini. «La nostra posizione è immutata – ha detto ieri Zelensky -: solo il popolo ucraino ha diritto di decidere quali territori sono ucraini. E la Costituzione afferma che tutti i territori temporaneamente occupati appartengono all’Ucraina». Zelensky ha però ammesso che le forze ucraine non sono in grado di riconquistare militarmente la Crimea: «È vero quello che Trump dice – ha spiegato -, non abbiamo abbastanza armi né uomini. Ma ci sono altre possibilità: pressioni economiche e diplomatiche».