Pechino ha duramente criticato la decisione degli Stati Uniti di imporre nuove tasse sulle navi cinesi, definendola un’azione “discriminatoria” e “tipicamente anti-commerciale”. In una nota diffusa dal ministero del Commercio, la Cina ha espresso “ferma opposizione”, annunciando di essere pronta ad adottare tutte le misure necessarie per tutelare i propri interessi. La stretta, in vigore da ottobre, colpirà le imbarcazioni costruite o possedute dalla Cina che attraccano nei porti statunitensi.
Il provvedimento, firmato dal rappresentante per il commercio USA Jamieson Greer, si inserisce in una strategia più ampia dell’amministrazione Trump per contenere il dominio cinese nel settore marittimo e rilanciare la cantieristica americana. Le nuove tariffe, che cresceranno progressivamente nel tempo, si applicheranno in base al tipo di nave e alla quantità di carico trasportata. Si partirà da 50 dollari a tonnellata per gli operatori cinesi, con aumenti annuali fino al 2028.
Anche le navi costruite in Cina ma gestite da soggetti non cinesi saranno colpite, così come quelle adibite al trasporto auto non prodotte negli USA. Alcune esenzioni sono previste per le navi che entrano nei porti americani solo per caricare esportazioni statunitensi o per gli operatori che dimostrino ordini presso cantieri americani. Altri dazi, specifici per il trasporto di gas naturale liquefatto, entreranno in vigore entro tre anni.
La risposta cinese non si è fatta attendere. Il portavoce del ministero degli Esteri, Lin Jian, ha parlato di misure “dannose per tutti”, in grado di aumentare i costi globali di trasporto e le pressioni inflazionistiche negli USA, senza produrre benefici reali per l’industria navale americana.
Washington, invece, difende la propria linea: “Questa è un’azione mirata per ristabilire l’equilibrio competitivo nel settore marittimo e contrastare pratiche sleali da parte della Cina”, si legge nella nota ufficiale dell’Ustr.